Cos’è il malto e perché si usa in panificazione

Ho scoperto il malto e le sue proprietà non appena ho iniziato ad approfondire i vari aspetti della panificazione. Non lo avevo mai utilizzato prima.

Cos’è il malto?

Il malto è un miglioratore naturale usato nella panificazione. Viene prodotto da aziende specializzate come i maltifici.

In pratica si tratta di cariossidi di cereale (chicchi di orzo macerati e germinati) macerate in appositi contenitori (i tini) che a contatto con l’acqua la assorbono e si gonfiano. Questi tini vengono poi trasportati in apposite camere di germinazione dove restano per una settimana. Una volta che la macerazione è avvenuta si procede con la scissione delle radichette (radici a grappolo) e la successiva essiccazione che porta l’umidità iniziale dal 50% all’8%.
La lavorazione termina con la macinazione e il confezionamento. Durante il periodo di germinazione, il frumento subisce la trasformazione (saccarificazione) dell’amido in molecole più semplici (maltosio e destrine) ad opera di due enzimi particolari che si chiamano beta e alfa-amilasi.

E’ bene sapere che non tutte le tipologie di malto possiedono caratteristiche similari e la capacità enzimatica varia da malto a malto. Si parla di cereali maltati quando il cereale impiegato per produrre il malto è diverso dall’orzo. In sostanza malto, farina di malto, farina di cereali maltati o estratto di malto stanno ad indicare più o meno, la medesima cosa.

La capacità enzimatica viene definita “potere diastasico” e si misura in unità Pollak. Quest’ultima ci permette di stabilire quanto maltosio viene prodotto da 1000 g di farina in 30 minuti. Il termine “diastasico” dunque si riferisce alla quantità di diastasi (enzimi αlfa e βeta amilasi), in grado di scindere il malto in glucosio (zucchero semplice) nell’impasto. Questi enzimi sono importanti poiché quando il malto viene aggiunto all’impasto, avviene l’idratazione delle diastasi che iniziano ad agire liberando gradualmente glucosio, utilizzato dai lieviti per svilupparsi e far fermentare l’impasto in modo più efficace. Gli zuccheri residui non consumati dai lieviti caramellizzano in cottura, producendo una crosta più colorata e saporita.

In commercio si trovano diverse tipologie di malto o farine maltate:

Farina di malto: si ottiene con la macina dei chicchi d’orzo germinati, il suo potere diastasico è buono (13000 unità Pollak) ma il maltosio ha un valore basso.

Estratto di malto in pasta o concentrato in sciroppo: si tratta di farina di malto o di cereali maltati, diluita in acqua calda. Il concentrato di questo trattamento permette di ottenere un liquido molto denso (una pasta simile ad uno sciroppo di miele) . Può anche essere nuovamente ridotta in polvere attraverso un processo di essiccazione. Ha un potere diastasico elevatissimo (24000 unità P.) e la presenza di zuccheri è molto elevata. Esistono miscele di sciroppo di malto e mais, vendute sia in forma liquida che secca.

Estratto di malto in sciroppo: Presenta elevato potere diastasico (16000 unità P.) e contiene molti zuccheri (quasi l’85%).

Estratto di malto in polvere (ottenuto dall’essiccamento dell’estratto di malto in sciroppo): elevata quantità di zuccheri (80-90%), ma la capacità diastasica è davvero molto bassa (8000 unità P.).

Utilizzo del Malto

Una corretta quantità di malto nell’impasto può prevedere dall’1 al 2.5% sulla farina che però deve presentare diverse proprietà reologiche. Se la farina presenta un Falling Number (o indice di caduta) superiore a >350, si suggerisce un maggiore apporto di malto, soprattutto quando si fanno lunghe lievitazioni con impasti indiretti o diretti, con farine con elevato valore di W o che presentano bassa attività amilasica. E’ opportuno che i tempi di fermentazione dell’impasto consentano una corretta scissione degli zuccheri presenti e aggiunti.

Generalmente l’attività amilasica della farina si trova in correlazione all’indice di caduta (Falling Number) e alla sua forza (W), che è inversamente proporzionale alll’attività amilasica: maggiore attività amilasica = farina più debole e viceversa.

Gli enzimi amilolitici che ci interessano sono l’αlfa-amilasi e la ßeta-amilasi. L’α-amilasi disgrega le molecole di amido in modo casuale, producendo destrine di varie dimensioni molecolari; contemporaneamente riduce anche la viscosità delle sospensioni di amido suscettibili. La ß-amilasi agisce all’estremità della molecola di amido, determinando il rilascio progressivo di maltosio. Tuttavia questo enzima non può attaccare la molecola di amido all’interno dei punti della catena in cui essa è ramificata. Quando i due enzimi lavorano congiuntamente, avviene una maggiore conversione dell’amido in zuccheri fermentescibili (principalmente maltosio e glucosio) rispetto a quando un enzima agisce singolarmente. L’azione combinata è tipica del malto contenente entrambi gli enzimi amilolitici.

Il malto inoltre, conferisce al pane una crosta dorata (vedi reazione di Maillard QUI e QUI); accresce l’attività enzimatica e quindi fornisce all’impasto enzimi alfa e beta amilasi; accentua l’attività fermentativa dell’impasto (i lieviti, alimentandosi esclusivamente di zuccheri semplici, trovano un notevole beneficio in presenza di maltosio e destrine) e il sapore del pane viene esaltato assieme all’aroma.

Abbiamo detto che le farine con un indice di caduta (Falling Number) maggiore di >350 presentano scarsa attività amilasica; in tal caso l’aggiunta di malto o faina maltata si rende indispensabile. Lo stesso dovrà avvenire nei prodotti con alto W e quindi farine di frumento che richiedono lunghe ore di lievitazione dove il quantitativo di zuccheri viene largamente esaurito.

I valori ideali sono tuttavia parametri che rientrano in un range che varia da =/> 220 a 350 secondi; per queste farine l’aggiunta di malto è facoltativa; per valori inferiori a 220 è altamente sconsigliato. Attenzione perciò alla scheda tecnica e, soprattutto, che sia aggiornata!

Probabilmente, il 3 o 4% dei granuli di amido viene visibilmente danneggiato dal danno meccanico dovuto alle forze di taglio rispetto alle pressioni incontrate durante il processo di molitura. Conseguentemente, la proporzione di granuli danneggiati dipende dalle condizioni di macinazione e può variare da mulino a mulino o anche rispetto alle diverse velocità di estrazione.

L’azione della ß-amilasi sull’amido non danneggiato e sui granuli di amido non gelatinizzato è molto lenta: l’α-amilasi attacca i granuli senza danni visibilmente apprezzabili; entrambi gli enzimi (α e βamilasi) attaccano molto rapidamente l’amido gelatinizzato, ma questa reazione non è considerata di grande importanza nel processo di produzione del pane perché l’amido nell’impasto non gelatinizza fin quando tutta l’attività enzimatica non viene distrutta dal calore.

Un piccolo suggerimento per chi usa il malto in sciroppo o in pasta. Per facilitare la raccolta del malto dal barattolo, riscaldate il cucchiaio prima di prelevare la quantità necessaria; in questo modo, vi risulterà più semplice prelevarlo e lasciarlo cadere dal cucchiaio per aggiungerlo al nostro lievito o impasto.

Esistono in commercio anche farine maltate già pronte che possono aiutare ad aumentare la risposta della farina. In merito a questo, leggi anche:

La farina maltata o farina di malto diastasico

Malto non diastasico

L’attività dell’enzima amilolitico degli estratti di malto può essere ridotta mediante trattamento termico. Se il processo di riscaldamento viene prolungato tanto da denaturare quasi tutto l’enzima, il prodotto viene chiamato “non-diastasico” anche se in alcuni sciroppi possono essere rilevate tracce di attività di idrolisi dell’amido. Tali malti vengono utilizzati principalmente per fornire sapore e colore ai prodotti da forno. Hanno anche un relativo effetto sulla consistenza e forniscono ugualmente carboidrati fermentescibili e nutrienti al lievito. Gli sciroppi di malto non diastasici tendono ad un colore più scuro e un sapore più intenso rispetto alle loro controparti diastasiche. Queste differenze sono dovute al trattamento termico più estremo applicato durante la lavorazione, specialmente durante la fase di condensazione.

Tempi prolungati di conservazione degli sciroppi porteranno a variazione di colore del condensato che diviene più scuro, perdendo alcune delle tonalità rossastre tipiche che si riverseranno esteticamente sul colore marron/dorato della crosta del pane.

Le variazioni di colore che accompagnano la caramellizzazione risultante dall’utilizzo del malto non diastasico lo rendono un prezioso colorante naturale. I pani di segale contengono spesso grandi quantità di sciroppo di malto non diastasico. D’altra parte l’uso di malti torrefatti nel pane bianco è sicuramente limitato dall’effetto scurente che si osserva anche a livelli di dosaggio moderati. Una caramellizzazione elevata nel pane è senz’altro da evitare perché un pane troppo caramellizzato può dar luogo a fenomeni di elevata presenza di acrilammide (vedi articolo dedicato:

Asparagina e acrilammide, un potenziale pericolo per la nostra salute

 

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39 Replies to “Cos’è il malto e perché si usa in panificazione”

  1. Daniela De Luca

    Ciao Patrizia. Mi sono appena avvicinata a questo magico mondo della panificazione (un mese o poco più) grazie ad una amica, bravissima lei, che mi ha detto: “ti regalo un po’ di licoli…provaci”… Mi sono iscritta al gruppo “tutti pazzi per il pane” dove ieri ho pubblicato il mio terzo tentativo (andato bene) di panificazione e “La pasta madre liquida: licoli”… a proposito del malto che io ancora non uso, mi era stato detto che serviva per favorire la lievitazione ed io per questo lo sostituisco con un cucchiaino di zucchero. Sbaglio in questo? in ogni caso ora ho scoperto anche il tuo blog per cui attingerò a piene mani alle tue ricette……..grazie!

  2. Melchiorre Ferraro

    Salve! sono Melchiorre un agricoltore di grani antichi siciliani in bio.
    Vi chiedo, e possibile per un neofita studiare e provare con esperienze domestiche il meraviglioso mondo della panificazione con lievito madre per poi passare ad una attività economica importante (panificio az.) visto che in az. abbiamo una struttura edonea ?
    infinitamente grazie.
    Melchiorre

  3. Pasta Madre Lover

    Gentile Sig. Ferraro, innanzitutto grazie per aver visitato il mio sito
    e per aver posto questo interessante quesito.
    Il mondo della panificazione con pasta madre è sicuramente abbastanza
    intricato ma non impossibile da apprendere. Frequentandolo, ho avuto modo
    di incontrare sul mio percorso diverse persone che, con grande dedizione e studio,
    hanno trasformato la loro passione in professione.
    Chiaramente, inizialmente dovrà essere seguito da persone esperte e/o
    professionisti del settore che l’aiuteranno a valicare le montagne
    di informazioni che ruotano attorno a questo complesso ma affascinante
    mondo dell’arte bianca dove le scuole di pensiero pululano e dove vi sono
    leggi (specie se desidera aprire un’attività aperta al pubblico) da rispettare.
    Dovrà essere formato professionalmente per raggiungere il suo intento.
    Posso dirle che nel gruppo Facebook dedicato, che amministro personalmente,
    sono presenti diversi artigiani (panettieri e pizzaioli) con i quali scambiamo
    esperienze per gestire meglio la pasta madre ed elaborare con essa i prodotti.
    Volere è potere mi creda!
    A presto e di nuovo grazie per la visita.
    PS: se lo desidera la aspetto nel mio gruppo così che possa dare uno sguardo
    alle attività svolte senza alcun impegno poiché è un gruppo di scambio e interazione.
    Faccia Click sul titolo sottostante.

    Tutti PazZi per il Pane

  4. Pasta Madre Lover

    Ciao Daniela mi fa piacere che tu ti sia iscritta al gruppo
    così avrai modo di interagire meglio con tutti noi.
    Il malto è un migliorante naturale e non serve a migliorare
    la lievitazione bensì a supportare il processo enzimatico negli impasti.
    Quando strutturi un impasto per pane o grande lievitato, hai bisogno di una
    farina che presenti alcune caratteristiche particolari.
    Queste caratteristiche in gergo si chiamano proprietà reologiche.
    Un impasto di pane comune, di solito è formato da farina, acqua lievito e sale
    tuttavia, spesso succede che si debba ricorre all’impiego del malto (diastatico) quando
    lo sfarinato non è più molto in grado di panificare (per motivi spesso dovuti
    alle condizioni ambientali di stazionamento nei silos o sugli scaffali) oppure
    quando si ha a che fare con un elevato indice di caduta (che in termini semplificati
    consiste in una degradazione enzimatica della farina) .
    L’aggiunta del malto in un impasto diviene pertanto necessaria per apportare (dall’esterno)
    enzimi aggiuntivi e mancanti alla farina, soprattutto quando l’attività di quelli naturalmente presenti
    nella farina risulta rallentata.
    Spero che questo articolo ti abbia chiarito un pochino le idee.
    Alla prossima e come dico sempre, Buon pane!

  5. daniela

    un amico birraio mi ha regalato del malto in polvere. come lo devo usare per il fare il pane in casa? lo devo idratare o posso aggiungerlo già così alla farina? grazie

  6. Pasta Madre Lover

    Puoi aggiungerne alla farina direttamente considerando però che non tutte le farine
    lo richiedono. La percentuale va dall’1% al 4% a seconda degli impasti e del procedimento
    da seguire.
    Ti ringrazio per la visita 😀

  7. Jessie

    I havent checked in here for some time since I thought it was getting boring,
    but the last handful of posts are really good quality so I gyess I wijll aadd you back to my everyday bloglist.
    You deserve it my friend.

  8. Renzo

    Ciao! Qual’è la differenza fra malto diastasico e malto diastasico? Non riesco a trovare la differenza!

  9. Pasta Madre Lover

    Ciao. Il termine diastasico si riferisce al fatto che oltre al malto vi è la presenza
    di diastasi ovvero, enzimi (soprattutto alfa e beta amilasi) in grado di scindere il
    malto in glucosio. La capacità enzimatica viene definita “potere diastasico”
    e si misura in unità Pollak. Il malto diastasico è dunque malto e diastasi aggiunte.
    Grazie per essere passato a trovarmi Renzo.

  10. Angelo

    Buongiorno.
    Per panificare,in casa, uso semola integrale di grano duro russello e semola crivellata di grano duro perciasacchi.
    Da poco ho iniziato ad usare il malto in polvere nella misura dell’1%, con idratazione al 50%.
    Ebbene da quando lo uso la mollica all’interno,anche se cotta rimane unida e appicciccosa,come mai? In cosa sbaglio? Grazie anticipatamente.

  11. Pasta Madre Lover

    Buongiorno a lei. Non sempre il malto diastasico è un migliorante da usare con tutti gli sfarinati poiché
    potrebbe accelerare la fermentazione soprattutto in presenza di sfarinati interi in caso di attività amilasica
    elevata della farina o del mix da lei impiegato.
    Provi ad eliminarlo quando ha a che fare con queste varietà di farine per constatare se nota un miglioramento.
    La temperatura di cottura della platea del forno troppo elevata potrebbe concorrere ad inumidire la texture interna
    così come un’umidità eccessiva della zona di fermentazione (stazionamento dell’impasto).
    Le suggerisco di proseguire la cottura ad una temperatura di 140°C per una decina di minuti e di lasciar asciugare
    molto bene il pane su una grata prima di tagliarlo. Spero di essere stata utile, mi faccia sapere come va.

  12. carla

    Grazie mille per i tuoi consigli, mi sto avvicinando adesso al mondo della panificazione per ora ho fatto solo pochi tentativi usando il malto in pasta però per me è difficile da usare, appiccica e non riesco mai a beccare la dose giusta. Ho visto su sorgentenatura del malto per pane in polvere, stavo pensando di provare con quello hai consigli da darmi in merito? Te ne sarei grata.

  13. Guido

    Ho letto le informazioni sul malto che ho trovato molto interessanti, grazie.
    io faccio il pane con la doppia lievitazione alla francese e con farona manitoba, quando è meglio inserire il malto, nella pastella lievitata o successivamente nell’ impasto finale?

  14. Pasta Madre Lover

    Ciao Guido. Io lo inserisco sempre nel secondo impasto.
    Grazie per essere passata a trovarmi. Buon Pane 😉

  15. Pasta Madre Lover

    Ciao Carla. Il malto in sciroppo non ha grande potere diastasico e io lo inserisco
    sempre, senza problemi, soprattutto quando la farina non presenta scarsa attività amilasica.
    Basta scioglierlo in un pochino dell’acqua che userai per l’impasto.
    Viceversa, soprattutto nelle lunghe maturazioni, uso quello in polvere (diastasico)
    che oltre al potere colorante (dato dalla reazione di maillard in cottura) migliora
    l’assorbimento degli zuccheri da parte dei ai lieviti affamati 😉
    Grazie per la visita e buon pane 😉

  16. Salvo

    ma per panificare posso usare lo stesso malto che si usa per fare la birra? Ho visto che esiste malto luppolato e non….sono un po confuso

  17. Pasta Madre Lover

    Buongiorno Salvo.
    Il malto che si usa in panificazione non è diverso da quello che si usa per la produzione della
    birra poiché sempre di fermentazioni e zuccheri si parla.
    A quanto ne so, ne esistono diverse qualità ma il fine fondamentalmente è identico ovvero,
    quello di far si che germini per poi produrre enzimi necessari a idrolizzare l’amido trasformandolo
    in zuccheri più semplici, utili ad essere fermentati dai lieviti.
    Grazie per essere passato a trovarmi. Alla prossima!

  18. Max

    ciao,sto trovando molto interessante l’argomento con l’utilizzo della farina maltata per l’impasto della pizza a lunga maturazione,
    attualmente uso
    una farina proteica al 15% e di forza w400 circa +/- 20%,
    ti scrivo per chiederti un consiglio:
    per ottenere una pizza più dorata e croccante ….
    ti chiedo puoi spiegare come funziona l’aggiunta della farina maltata ?
    aumentando la dose della farina maltata diciamo dal 1% al 4% cosa succede ?
    grazie.Max

  19. Pasta Madre Lover

    Ciao max e ben trovato.
    A seconda del procedimento che decido di portare avanti io miscelo direttamente la farina maltata
    o il malto diastasico in polvere alla farina. In passato è capitato che in alcuni miei procedimenti
    inserivo il malto d’orzo in sciroppo direttamente alla madre ma con il tempo mi sono resa conto che
    sia il malto in sciroppo sia il procedimento andavano cambiati, specie se si usano lieviti e non LAB.
    Attualmente non supero quasi mai il 2-3%/Kg e arrivo a 4% quando opero con farine tenaci oppure
    protraggo le tempistiche dell’impasto oltre le 72 ore (cosa rarissima, se non richiesto dalla farina).
    Prima di rispondere alla tua domanda faccio una premessa. Come saprai, il malto diastasico è un eccellente
    nutrimento per i lieviti che si nutrono per l’appunto di zuccheri.
    La farina maltata deriva dal grano macinato e germinato. La germinazione dà luogo alla trasformazione dell’amido
    e sua conseguente disgregazione (amilolisi). In associazione, avviene anche la scissione delle proteine (proteolisi).
    L’amido e le proteine trasformate in maltosio, destrine e zuccheri monosaccaridi, attivano ed aumentano le famose alfa
    e beta-amilasi che aiutano per l’appunto i lieviti a proseguire il loro nutrimento.
    Aggiungendo farina maltata o polvere di malto diastasico si contribuisce alla idrolisi dell’amido e la tenuta all’impasto
    aumenta. In cottura, attraverso poi un’altra reazione chimico fisica, avviene la reaione di Maillard che rende la crosta
    più dorata e croccante. Anche il prodotto ne guadagna in aromi che come ben sai sono una conseguenza della conduzione dell’impasto.
    Da uno scritto di Gabriele Raimondi, stimato tecnologo, ho raccolto inoltre informazioni interessanti sul quantitativo aggiunto
    a livello industriale. I molini, per bilanciare una farina con scarsa attività amilasica, aggiungono spesso alla farina macinata
    un massimo di 100 g/Q di farina maltata. Succede in particolari condizioni di stoccaggio in partite di grano dove le farine
    presentano +<350 di Falling Number. Aggiungendo farina maltata, sempre secondo Gabriele Raimondi, si stabilizza il FN portandolo
    attorno a valori di normalizzazione.
    Tornando quindi alla tua domanda, risulta ovvio che se un impasto si protrae a lungo, deciderai di aumentare la percentuale di
    malto/farina maltata in base alle ore che vorrai destinare al processo fermentativo, viceversa abbasserai la dose fino ad arrivare
    a situazioni dove non sarà necessario farne uso.
    Spero di essere stata esauriente. Alla prossima

  20. Salvo

    grazie, risposta chiara ed esaustiva, altra domanda…ma per ottenere una mollica con bolle più pronunciate, che procedimento va fatto? A me viene sempre una mollica molto compatta con bolle piccole, uso di solito il lievito secco in polvere al quale aggiungo zucchero ed o estratto di malto in polvere o malto in polvere…

  21. hand

    Genuinely when someone dοesn’t understand then its up to other peoplе that they will
    assist, so here it takes рlаce.

  22. Armando

    Salve, complimenti per il prezioso aiuto e competenza. Vorrei chiedere dei consigli: per un impasto di 24h, di cui, 5-6 ore di autolisi e successive 24h, divise in 18h di puntata e 6 di appretto, in farine con percentuali di proteine dell’11 – 12% che tipologia di malto d’orzo mi consigliate? polvere o nel barattolo? e in quale percentuale di quantità, so che va da 1 a 4% per kilo è corretto? e soprattutto lo inserisco nella seconda fase dell’impasto insieme al resto degli ingredienti, lievito e sale, magari prima con l’acqua rimasta sciolgo lievito e malto insieme e infine metto il sale?. Grazie?

  23. Pasta Madre Lover

    Salve Armando e grazie, farò del mio meglio per esserle di aiuto.
    Se non ho mal compreso il suo scritto, lei vorrebbe portare una farina con 11% – 12% di proteine
    a 48 ore totali?!
    Tuttavia non ho ben compreso se dispone o meno di una cella di abbattimento della temperatura o se,
    da panificatore amatoriale, userebbe il frigorifero.
    Una farina con quelle proteine però, purtroppo, non sembra essere una farina tecnica e per giunta,
    non può contenere un elevato contenuto di glutenine e gliadine. Questo potrei saperlo con certezza
    solo conoscendo il parametro del W, ovvero la sua forza dichiarata sulla scheda tecnica.
    Una così lunga autolisi è in genere suggerita però, con grano duro poiché il grano tenero, con quelle
    proteine, non necessita di una autolisi così lunga. Correrebbe il rischio di deteriorare la rete glutinica.
    Mi spiace molto ma devo cercare di orientarmi su una risposta alquanto generica non avendo lei specificato
    la tipologia di grano che intende utilizzare nel suo impasto.
    Riguardo al malto, o utilizza il malto in pasta o è da preferire senz’altro quello in polvere (o farina maltata)
    altrimenti sarà ne più ne meno che utilizzare il miele ma non fungerà da migliorante.
    Il range di percentuale di malto da lei descritta è corretta. Lo utilizzi al minimo ed elevi la dose solo in
    caso di reale necessità come lievitazioni prolungate o per una farina che presenta scarsa attività amilasica avrà senz’altro
    necessità di essere trattata con una più alta percentuale di malto, onde evitare scompensi reologici
    che si riverserebbero inevitabilmente sul suo impasto e sulla reazione di Maillard.
    Dovrà aggiungere malto nell’impasto e non nelle farine sottoposte a processo autolitico e le raccomanderei
    di inserire del sale, superate le sei ore di sosta a temperatura ambiente.
    Se usa la pasta madre comunque, giusto per rassicurare, non è così indispensabile inserire il sale solo
    a fine impasto ma può benissimo inserirlo nella farina. In realtà io lo inserisco spesso nella farina
    anche quando prevedo l’impiego di lievito di birra.
    Il problema legato all’osmosi si verifica più che altro quando il sale va a diretto contatto quest’ultimo,
    provocando la liquefazione del lievito.
    Per abitudine e per evitare errori, si suggerisce di inseire il sale con l’ultima acqua restante per questo
    motivo e anche per permettere più tensione nell’impasto, soprattutto quando una farina ha una lieve tenacia,
    data dal basso contenuto di glutine.
    Spero di essere stata il più esaustiva possibile e, non avendo ulteriori parametri a mia disposizione,
    mi spiace non aver potuto aiutarla maggiormente.
    Grazie per la visita e alla prossima!.

  24. Rossana

    Buongiorno!
    Siete fantasticiiiiii
    Detto ciò sono in difficoltà nel reperire il malto d orzo che mi serve X la ricetta del pandoro. Ho però reperito del “malto” in polvere in bustine da 12 gr, mentre di Mato d orzo la ricetta me ne chiede 30.
    Va bene uguale. In che proporzioni devo mettere quello in polvere .
    Grazieee

  25. Pasta Madre Lover

    Ciao Rossana. Se hai quello in polvere, essendo diastasico, ne basa senz’altro la metà rispetto a quello in sciroppo che è piuttosto solo uno zucchero.
    Grazie per la visita!

  26. andrea

    Salve e COMPLIMENTONI per il blog
    veramente esaustivi e di chiara espressione facilmente comprensibile il tutto.
    Visto che sono un Homebrewer ho in casa l’estratto di malto secco (in polvere) è anche questo diastatico per natura oppura devo cercare un prodotto specifico ?

  27. Pasta Madre Lover

    Grazie Andrea. Va benissimo quello che possiedi. Grazie per la visita

  28. Tania

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  29. niky

    Ciao, ho alcuni dubbi: tu dici che il malto in polvere è diastasico, intendi dire che tutti i malti in polvere lo sono? Io cerco un malto diastasico bio, hai indicazioni da darmi? Se lo recupero in polvere (tipo An**** Mu**** Ro**o) ho la certezza che contiene sufficienti enzimi? Ti sono grata se mi aiuterai a orientarmi…
    Grazie
    Niky

  30. Pasta Madre Lover

    Ciao niky.
    In genere quello più reperibile è quello del molino Rossetto che si trova spesso anche presso la Grande Distribuzione oppure in alcuni negozi BIO come ad esempio il Natura si.
    In genere il termine “distasico” lo trovi scritto proprio sulla confezione. Un’alternativa di reperimento possono essere i maltifici, alcuni molini (non tutti) o i siti di e-commerce dedicati.
    Ti ringrazio per la visita e il quesito!

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