Allergie o intolleranze al lievito di birra o ai prodotti lievitati

Viviamo in un’era dove le persone si auto diagnosticano patologie o intolleranze al lievito. Se si coltiva un sospetto, basta cercare su internet e tac, viene fuori una cascata di articoli che però, ci confondono ancora di più le idee. Cosa fare veramente e come capire se i nostri sospetti sono fondati? Cerchiamo di capirlo insieme e se davvero si coltiva un qualunque sospetto, fare un’autodiagnosi è sbagliatissimo. La rete ci ha resi senz’altro meno ignoranti onde non restare all’oscuro ma come possiamo accorgerci però se un articolo su internet (o condiviso sui social) può essere o meno una fonte attendibile? E’ semplice: se riporta le fonti scientifiche accreditate è attendibile, altrimenti, diffidate. Successivamente, quando avrete soddisfato la vostra curiosità, rivolgetevi al vostro medico di fiducia.

Medico

Per lo meno questo è il metro che utilizzo personalmente quando ricerco un argomento di mio interesse e, a maggior ragione, quando l’articolo riguarda la mia salute o quella delle persone cui tengo.

Nel settore della panificazione e nei social soprattutto, si legge di continuo di persone che coltivano convinzioni che probabilmente nulla hanno a che vedere con la scienza della salute. Si legge di persone convinte di essere allergiche al lievito di birra, al glutine o addirittura, di soffrire di disturbi conclamati di intolleranza alimentare, coliti, disbiosi intestinale, gonfiori ecc., a causa del lievito di birra pur se, in assenza di diagnosi medica accertata. Qualcuno è convinto anche che il lievito sia un prodotto di sintesi piuttosto che un naturale derivato della natura e che provochi gonfiore. Persone, iniziano diete vegane, vegetariane, dissociate, chetogeniche, mediterranee e così via, senza tuttavia aver consultato uno SPECIALISTA. Ebbene, queste persone, a mio parere, non si rendono conto che così facendo scherzano col fuoco perché il metabolismo, MOTORE della macchina umana, non può essere trattato attraverso una scarsa capacità valutativa, che spesso è dettata, voglio sperare, da una “sana” ignoranza che però può portare a correre dei seri rischi.

Analisi

Detto questo, non desidero creare allarmismi e non sono qui a formulare diagnosi cliniche, né a suggerire nulla di ciò che concerne la salute poiché non mi permetto di trattare di argomentazioni che esulano dalla mia competenza.

Tuttavia, avendo avuto e avendo tutt’ora a che fare con medici per motivi sia lavorativi che personali, ho imparato ad essere “PAZIENTE” – termine che oltre ad identificare uno stato di calma e tolleranza, sta ad indicare colui il quale si sottopone a cure mediche – e attenta nell’affidarmi a chi di dovere.

Un buon paziente è colui che, consapevole, attento e rispettoso della propria salute, collabora con il proprio medico, informandolo. Egli, potrà così essere in grado di infondere, serenità, fiducia e tranquillità al paziente. Oggettivamente, non si può negare che i medici coscienziosi, oggi come oggi, sono sempre più rari e aggiungo che, purtroppo per molti pazienti, non tutti i medici posseggono la dote dell’ascolto e dell’umiltà, a tal punto da ammettere che potrebbero commettere madornali errori di valutazione. Invece di trattare il paziente da persona in grado di intendere e di volere, lo tratta da idiota quando magari idiota non è. Spesso, la superficialità con la quale vengono affrontati certi percorsi, mette il paziente in guardia, tanto da diffidare delle diagnosi mediche e tentare di cavarsela da sé. In questa situazione, altro che essere pazienti”. Santi è dire poco!!

Questo stato di cose tuttavia, NON ci autorizza ad affidarci a noi stessi, diffidando delle cure mediche. Ancor più, suggerisco si diffidare delle “incitazioni mediatiche”, dei servizi televisivi, dei giornali opportunistici che, pur se non in modo così plateale, incitano le persone dare adito a notizie falsate e/o a formulare autodiagnosi, che potrebbero rivelarsi, nel tempo, rischiose, oltre che inattendibili.

Prodotti da forno

Il pane e la pizza fatti in casa, purtroppo, rientrano in quegli alimenti che oltre a suscitare notevole interesse nelle persone, rientrano nell’ambito del famoso “mangiar sano” e “genuino”. Sono alimenti che subiscono un’elevata influenza mediatica, per non parlare delle fermentazioni casalinghe.

Alimentato da questo interesse, il consumatore diviene vittima di un gioco bastato anche sul passaparola, che, probabilmente, visto a quanto assito ogni giorno, dilaga ancor di più di quanto riescano i media generalisti a diffondere notizie poco veritiere. La diffusione delle più grandi bufale, coinvolge gli ingenui e creduloni, fiduciosi del prossimo che condivide inattendibilità. Costoro si “nutrono” quindi della dilagante disinformazione  che trasforma il tutto in un circolo vizioso dal quale difficilmente se ne esce illesi, se non altro, psicologicamente.

La salute alimentare di un individuo, coinvolge branche della scienza della nutrizione e del metabolismo umano che non possono prescindere dall’INFORMAZIONE. Essere informati su come il nostro sistema “operativo” possa influire sulla nostra complessa e sofisticata “macchina” della vita, è parte integrante della nostra esistenza che NON può e non deve essere sottovaluta.

Vivere disinformati è come rinunciare ad una parte importante di noi stessi perché è come se tenessimo segregata una parte del nostro prezioso cervello, non permettendogli di progredire.

Il pane, assieme alla pasta, rappresenta uno dei principali alimenti di consumo giornaliero, assieme ad un’altra serie di alimenti lievitati di largo consumo (creckers, grissini, panini, fette biscottate, sandwich) e così via. La pizza, rappresenta uno dei tanti piaceri che ci concediamo, abbastanza spesso e spesso, ci lamentiamo del fatto che gonfia o mette sete. Argomento questo che non tratterò in questa sede.

I prodotti lievitati da forno, celano complessi processi metabolici che a loro volta, interagiscono con? Il nostro corpo! Io immagino questi processi come una specie di scambio: io do a te e tu dai a me.

Chi come me, non vuole solo limitarsi nel realizzare il pane e decide di divulgare anche un’informazione, con l’intento di tramandare il più correttamente possibile  l’arte di fare il pane in modo amorevole nei riguardi della nostra persona o famiglia, non può prescindere dal sentirsi informatore RESPONSABILE e quindi, ha l’obbligo morale di informarsi il più correttamente e coscienziosamente possibile, onde poter offrire, poi, un servizio divulgativo serio e attendibile (sono scelte).

Ritengo infatti, questo mio spazio, un luogo “divulgativo” attraverso il quale, un panificatore appassionato come lo sono io, possa acquisire nozioni serie e attendibili, pubblicate da me con coscienza e serietà. Non ho mai ritenuto questo, un luogo dove trovare puramente una o più formule per miscelare farina, acqua, lievito e sale.

Tutto quanto concerne le infinite diramazioni che l’arte bianca contempla e che, soprattutto, influiscono, inevitabilmente con il nostro vitale “sistema operativo”, necessita di CORRETTA INFORMAZIONE proprio perché, il pane e i prodotti lievitati da forno, rappresentano una parte importante della nostra quotidiana alimentazione.

Allergie e/o intolleranze al lievito di birra

Per quanto riguarda quanto afferma la scienza medica, le allergie e intolleranze al lievito di birra o Saccharomyces cerevisiae possono esistere tuttavia, non sono comuni.

Poiché lieviti e muffe, altro non sono che microscopici funghi unicellulari che appartengono al regno vegetale fungino, di funghi è pieno tutto il nostro ambiente circostante e non solo i boschi. Le colonie fungine, crescono dappertutto e ovunque sia presente un “sito” ospitale. Il pane e i prodotti lievitati in genere, così come i formaggi, la frutta, la verdura, i cereali, le confetture, gli ortaggi, gli alberi, le piante, le condutture, i muri, le maioliche ecc., sono veicoli assai attraenti sia per i lieviti che per i batteri.

Muffa

Nel regno dei funghi, le specie di lieviti sono infinite e come si può immaginare, alcuni funghi sono commestibili, altri invece, sono addirittura tossici e deleteri a tal punto che si rischia la vita.

Per quanto riguarda i lieviti impiegati nel settore “alimentare”, la Canadian Society of intestinal Research,  si esprime, ad esempio, dicendo che – l’allergia ai lieviti e/o alle muffe, richiede l’eliminazione di tutti quegli alimenti che potrebbero contenerli –.

L’ovvietà, tuttavia, induce le persone che tendono all’autodiagnosi, ad eliminare prima di tutto i prodotti lievitati da forno, senza considerare che a quel punto, dovrebbero ipotizzare che un’allergia da ingestione, conclamata ed accertata, dovrebbe prevedere anche l’eliminazione della maggior parte dei formaggi, alcuni tipi di frutta e verdura, alcune bevande e, naturalmente, i cibi ammuffiti.

Gli elenchi di alimenti da evitare, per coloro che si ritengono ipoteticamente allergici al lievito, citano altresì l’eliminazione dei prodotti caseari come il latte, perché potrebbe è un alimento che potrebbe rappresentare una fonte di penicillina (un antibiotico derivato da funghi appartenenti al genere Penicillium) che in passato, per salvaguardare la salute delle mucche da latte, veniva somministrata come trattamento medico-veterinario onde proteggerle dalle infezioni (pratica di trattamento interrotta per evitare anche i minimi rischi di trasmissione agli umani allergici a questa sostanza).

Alcune linee guida relative all’alimentazione, suggeriscono invece di evitare la farina di frumento per la (remota)possibilità che possano contenere lieviti e muffe quando, tutto sommato, i rigidi controlli e la moderna macinazione dei cereali, per legge, non ci sottopone a pericoli. La muffa, comunque, non è l’argomento principe di questo scritto poiché il lievito che viene impiegato per i prodotti lievitati da forno, è un fungo domesticato e coltivato a livello industriale in tutta sicurezza alimentare.

Sul sito ufficiale “ASCIA” (Australian Society of Clinical Immunology and Allergy) viene fatta prima di tutto una distinzione tra allergia e intolleranza alimentare che prima di ogni cosa vorrei chiarire:

Quando le persone, dopo aver mangiato, si lamentano di sintomi come mal di testa, gonfiore o ulcere della bocca, stanno descrivendo un’intolleranza alimentare, piuttosto che un’allergia. Durante una reazione allergica al cibo, vengono rilasciati nei tessuti, molti prodotti chimici irritanti (come l’istamina) e ciò può causare eruzioni cutanee pruriginose, disturbi allo stomaco, tosse e respiro sibilante e talvolta sintomi più gravi. Queste reazioni sono dovute ad allergia, una reazione scatenata dal nostro sistema immunitario. L’allergia alimentare e l’intolleranza alimentare sono comunemente confuse poiché i sintomi di intolleranza alimentare, occasionalmente, sono molto simili a quelli dell’allergia alimentare. Tuttavia, c’è una differenza. L’intolleranza alimentare non coinvolge il sistema immunitario, non provoca gravi reazioni allergiche note come anafilassi e non si manifesta nei test allergologici. – Il testo continua dicendo – L’intolleranza alimentare può essere un concetto difficile da diagnosticare ed è poco compresa anche dai medici. A volte, le sostanze contenute negli alimenti, possono aumentare la frequenza e la gravità dell’emicrania, delle eruzioni cutanee come l’orticaria, provocare irritazioni allo stomaco e sindromi dell’intestino irritabile. La coincidenza tuttavia, può spesso confondere, poiché passiamo molte delle nostre ore di veglia a mangiare o bere sostanze che tra loro vengono miscelate”.

Sicché, le intolleranze alimentari, a quanto pare, possono causare disturbi lievi mentre la sintomatologia dovuta ad allergia, è molto più aggressiva delle intolleranze.

L’approccio migliore per scongiurare una qualsiasi problematica sintomatologica è sempre comunque quello di consultare prima il medico e/o lo specialista allergologo, uniche figure PROFESSIONALI in grado di formulare una diagnosi scientifica per determinare se i sintomi denunciati sono imputabili ad allergia o intolleranza.

La domanda che mi sono posta è: esiste la possibilità che si possa essere allergici o intolleranti al lievito di birra ovvero al Saccharomyces cerevisiae?

Sul sito scientifico del National Institutes of Health della National Library of Medicine (PMC), è stato pubblicato un documento esplicativo, datato 15 marzo 2017 che riassumo di seguito:

“L’allergia al lievito, mediata e confermata dalle IgE (dosaggio delle immunoglobuline) è eccezionalmente raraIl caso presentato nel documento, fornisce una chiara storia di ipersensibilità immediata ai lieviti e ai componenti del lievito. Attraverso evidenti sintomi che si manifestano poco dopo ingestione di diverse sostanze contenenti lievito (lo studio si concentra su sostanze alcoliche contenenti il medesimo lievito impiegato nei prodotti lievitati da forno), viene sottolineato che:

 “la precedente letteratura medico-scientifica sulle reazioni allergiche al vino e alla birra è stata attribuita alle proteine ​​dell’uva e dei lipidi, senza menzionare l’allergia ai componenti del lievito o al lievito in sé. In quanto tale, il caso esposto nello studio, rappresenta una condizione molto rara e probabilmente unica” e si riferisce ad “un giovane che ha riportato episodi di prurito alla gola, dopo un minuto di ingestione di birra, sidro, vino e champagne. In alcune occasioni, i sintomi si sono manifestati mediante respiro sibilante e prurito al viso. Con la birra artigianale, spesso preparata con ingredienti di provenienza locale, con champagne e vino, le reazioni erano più gravi e il ragazzo avvertiva sintomi come costrizione alla gola, respiro sibilante, blocco nasale e orticaria grave. Ciascuna di queste reazioni, della durata di un’ora circa, migliorava mediante somministrazione di antistaminici orali e occasionalmente, mediante inalazione di salbutamolo. Tali reazioni si presentavano ogni qualvolta che il paziente ingeriva bevande a base di vino o birra e non quando invece consumava alcolici come gin e vodka, manifestava alcun problema . Il paziente ha anche descritto due episodi di prurito alla bocca e alla gola dopo aver mangiato una banana ma tollerava le mele, l’uva, gli avocado, molte birre alla spina e delle lager comuni. Il paziente non aveva mai manifestato sintomi di alcun genere dopo aver mangiato prodotti da forno (pane e pizza) contenenti lievito. In passato, il paziente ha a sofferto di rinite allergica stagionale e asma e ha denunciato anche un eczema infantile. Ha negato problemi con l’assunzione di agenti anti-infiammatori non steroidei e non ha mai assunto, frequentemente, alcun farmaco. In casa, non vi era presenza di muffa o umidità significativa così come non ve ne erano al lavoro. Non era esposto al contatto con animali domestici e non vi era alcuna evidenza clinica pregressa, che potesse rappresentare una certa rilevanza. Gli esami di routine del paziente hanno confermato un normale conteggio dei globuli bianchi. Le proteine ​​del complemento C3 e C4 erano entrambe normali e non si riscontrava evidenza di autoimmunità agli antigeni nucleari, epatici e digestivi. L’IgE totale e l’IgE specifica per lievito era invece elevata, così come l’IgE specifica, relativa ad una miscela di muffe contenente penicillium, cladosporium, aspergillus fumigatus e alternaria. Anche l’analisi per la Candida risultava alterata. I test allergologici sono stati effettuati mediante prick-test (punturine sulle pelle e relativi reagenti). Gli esami hanno confermato una sensibilità spiccata al lievito e alla muffa, quale causa della sua reattività agli estratti di lievito e alle bevande alcoliche prodotte con lievito. Gli è stato suggerito di evitare di consumare birra, sidro e vino, oltre ad ulteriori alimenti contenenti estratto di lievito, prescritto degli antistaminici e consigliato di avere a portata di mano dell’adrenalina auto iniettante. 

Dunque, la letteratura, in merito all’allergia ai lieviti e ai lievitati, è alquanto scarsa, sebbene gli anticorpi anti-Saccharomyces cerevisiae siano risultati evidentemente responsabili nello sviluppo della malattia di Crohn oltre che, rilevati in alcune condizioni patologiche autoimmuni come la sindrome antifosfolipidica, la SLE, il diabete di tipo 1 e l’artrite reumatoide.

Presso il centro Malattie allergiche e respiratorie (DIMI) dell’università di Genova, è stato descritto e discusso il caso di un ragazzo che, dopo aver mangiato pane e pizza appena sfornati, mostrava sintomi di respiro sibilante e orticaria generalizzata. La sensibilizzazione è stata confermata, specificamente verso il lievito di birra ma la cosa interessante è che se questi alimenti venivano da lui ingeriti un’ora dopo essere cotti, non originavano alcun sintomo. I ricercatori hanno dedotto che il Saccharomyces può causare reazioni allergiche significative, in soggetti predisposti, soprattutto quando inalato piuttosto che in caso di ingestione. Altre cause di reattività includono reazioni abbastanza insolite all’acido acetico.

Le diagnosi cliniche, per l’individuazione di allergeni, presentano sempre delle sfide significative poiché a causa della loro diffusa presenza nei cibi e nelle bevande, le razioni sono e restano comunque molto soggettive. La letteratura scientifica, attualmente, non riporta alcuna evidenza  conclamata in merito alla sensibilità al lievito e all’identificazione delle specifiche proteine ​​del lievito che potrebbero essere causa di queste reazioni allergiche. Insomma, tutto è ancora, eventualmente da dimostrare.

Tutte le sostanze contaminate da muffe, chiaramente, devono essere evitate ma immagino che questo aspetto sia chiaro a tutti.

Il Saccharomyces cerevisiae la fa da padrone in ogni processo fermentativo e l’alimento sottoposto a fermentazione, diviene fonte di nutrimento. La presenza e pertanto, le cause lamentate, qualunque essere siano, pare debbano essere ricercate altrove e non nel lievito di birra. Inoltre, durante la cottura dei prodotti da forno il lievito muore poiché non sopporta temperature superiori ai 55/60°C.

La raccomandazione che sento di lasciare a chiunque abbia letto questa pagina, è quella di evitare autodiagnosi e di consultare SEMPRE uno specialista allergologo.

Mi auguro di aver aperto un varco informativo utile a coloro che, per qualsiasi sospetto infondato e non accertato, pensano di dover rinunciare ai prodotti contenenti lievito, Tuttavia, se il sospetto o il malessere persistono, si convincano a consultare chi di dovere e non ad affidarsi al parere dei contatti iscritti sui social Network. Chiunque non suggerisca di rivolgersi ad un medico, per quanto il buon proposito sia quello di “aiutare”, a mio parere non dovrebbe essere preso in considerazione per nessuna ragione al mondo. La salute è importante e con la salute NON SI SCHERZA.

Le informazioni contenute in questo documento non intendono sostituire la consulenza medica. Qualsiasi domanda riferita ad una diagnosi o ad un trattamento qualsiasi deve essere indirizzata ad un medico specializzato.

Fonti: Canadian Society Intestinal Research NBCI – Vancouver Foundation – Foods Matter – Journal of the Accademy of Nutrition and Dietetics

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