Puntini neri o pigmenti su un impasto

Sicuramente a qualcuno sarà capitato di trovarsi a chiedere come mai, in un impasto, appaiono improvvisamente dei puntini neri, dei pigmenti sulla superficie che influiscono anche sulla colorazione che si presenta tendente al grigiastro (più che al bianco avorio).

Puntini neri impasto

A me non è mai capitato tuttavia, ad alcuni miei colleghi invece si e la curiosità di capire il motivo, mi ha spinta a ricercarne la causa. Per fare la foto, ho cercato di riprodurre l’effetto, aggiungendo del bicarbonato a una parte di pasta acida che avevo da parte e più o meno, l’effetto che si ricava è simile. Nella foto più giù invece, un impasto di pizza reale con puntini, protratto per un tempo superiore alle 48 ore.
Non è stato semplice ricostruire un percorso sulla causa poiché, nella maggior parte della documentazione in giro, o se ne parla poco oppure se ne parla ma in maniera distante da quello che è l’argomento basilare che ci interessa. Venirne a capo è stato difficile ma ce l’ho fatta. Ho trovato diversi articoli, tra le mie risorse, che mi hanno indotta a ragionare fino a stilare una spiegazione ragionata.

Innanzi tutto devo fare una premessa.
Gli impasti sono principalmente un’ aggregazione di ingredienti che anche quando non ce ne rendiamo conto, subiscono delle reazioni chimico-fisiche. Cercando quindi in termini molto più precisi e meno generici la chiave esatta, si arriva dove si era pensato di arrivare. Ciò che mi guida è sempre nei miei percorsi è la curiosità, unita alla mia prudenza nel raccogliere le informazioni che leggo, rispetto a quanto viene detto e dichiarato all’interno del mondo che frequento.

Il mio ragionamento è semplice. I puntini neri, in uno sfarinato raffinato, sono anomali e se c’è un’anomalia, voglio sapere di cosa si tratta e quanto questa può o non può, incidere sugli impasti e sul prodotto finito. Inizio a digitare le prime chiavi di ricerca (ovviamente non sui siti italiani) e ha inizio il viaggio nell’etere. Non pensiate che non sia faticoso!

Il mio ragionamento:

Sappiamo che l’impasto si compone principalmente di amido e che esso deve essere scisso in zuccheri semplici (glucosio) prima di poter essere attaccato da lieviti o batteri (cellule) e che, dal punto di vista fisico, per attivare tutti i processi chimico fisici, l’amido deve venire a contatto con l’acqua dove verranno attivati diversi enzimi e proteine che lo attaccheranno per scinderlo in zuccheri semplici. Tutto questo lavorio, si traduce in un delicato equilibrio chimico che dall’esterno, l’operatore, attraverso il suo intervento, controlla, tenendo ben presenti dei parametri legati alla miscelazione, alla temperatura, al quantitativo di microrganismi e cercando di far raggiungere all’impasto un’umidità e un pH adeguati. Il pH influisce sull’acidità o sull’alcalinità di un impasto. Mediante  che cosa? L’acqua (solvente), la temperatura, il tempo, il pH, l’ossigeno e il substrato o vari ingredienti aggiuntivi. Essendo presente in forma libera, l’acqua interagisce con le cellule di lievito, con l’ossigeno, il calore e i processi enzimatici e proteici ma anche con i grassi, le fibre (o ceneri residue e i sali.

Dal punto di vista termodinamico, durante la fermentazione, l’impasto subisce un innalzamento di temperatura e gli enzimi iniziano a catalizzare le sostanze (attaccando l’amido) a velocità più elevata in modo da interagire con i lieviti, rilasciando gli zuccheri riducenti (maltosio, destrosio, fruttosio, lattosio ecc), nutrimento per le cellule di lievito sia a livello endogeno che esogeno.

Il problema dei pigmenti o puntini neri che appaiono inaspettatamente, può avvenire per diversi fattori che coinvolgono: lo stoccaggio del grano, la sua qualità tecnologica, l’aggiunta di grassi aggiunti nell’impasto (olio o strutto), una temperatura elevata dell’acqua, presenza e quantità di ossigeno, ingredienti aggiuntivi, sali minerali ecc.

All’interno e all’esterno della cellula di lievito (attività endogena o esogena) può capitare che l’ossigeno venga a mancare e la cellula passa da uno stato di salute, ad uno stato di sofferenza (apoptosi), perdendo energie ed entrando in contatto con sostanze che rilasciano enzimi particolari (lipasi, lipossigenasi, fenolasi) che provocano il fenomeno di lipossigenazione oppure, i lipidi presenti nello sfarinato, entrando in rapporto diretto con l’ossigeno atmosferico, si propagano in superficie, venendo a contatto con tracce di metalli (ferro e rame), naturalmente presenti nei tessuti vegetali e fungono da catalizzatori del processo di ossidazione o catalsi. I due processi possono verificarsi anche parallelamente. L’esposizione alla luce diretta o ad altri agenti ossidanti (esogeni) di natura microbica, sommata a quella degli enzimi lipolitici endogeni presenti nei tessuti dei semi, originano il fenomeno ossidoriduttivo. (Gaillard, 1989).

Le reazioni dei lipidi si suddividono in reazioni enzimatiche e non enzimatiche.

Le reazioni enzimatiche sono quelle coinvolte nei processi di idrolisi e di ossidazione degli acidi grassi che non coinvolgono i processi di doratura (caramellizzazione e reazione di Maillard). Si limitano praticamente all’unica via ossidativa, detta di autossidazione o ossidoriduzione, dove i catalizzatori più attivi, capaci di operare a basse temperature, producono il fenomeno di lipossigenasi (enzima in grado di provocare ossidazione – perossidasi-). Le reazioni enzimatiche sono una derivazione delle precedenti e coinvolgono gli zuccheri residui che caramellizzano in cottura, dando poi luogo alla reazione di Maillard.

L’attività dell’acqua negli impasti riveste un ruolo fondamentale. La presenza di acqua libera o anche detta di struttura (parte intrinseca di un alimento), influenza l’attivazione dell’enzima e, conseguentemente, l’equilibrio termodinamico della reazione stessa. Si suppone che l’attivazione dell’enzima, avvenga quando il parametro  dell’attività dell’acqua scenda al di sotto di 0,3 (Wehtye and Adlercreutz, 1997). A questo proposito, è stato dimostrato che in un range di attività dell’acqua compreso fra 0,2 e 0,3, modifica l’equilibrio della reazione che risulta invertita (Svensson et al., 1994). Per maggiori approfondimenti sull’attività dell’acqua visita anche questo link.

Il fenomeno di imbrunimento, può influenzare il colore, l’aroma (off-flavors nei cereali stoccati e negli alimenti proteici conservati) e le proprietà nutritive degli alimenti, con la conseguenza di una riduzione della qualità proteica (Richardson and Hyslop, 1985; Galliard, 1989). La decomposizione, provoca effetti biologici importanti e causa alterazioni dell’aroma degli alimenti (Malekian, 2000). Il processo autossidativo provoca un irrancidimento di carattere biochimico a cui vanno incontro tutte (nessuna esclusa) le matrici alimentari contenenti grassi e oli, sia aggiunti che intrinseci.

Tale reazione di imbrunimento, attraversa una fase iniziale, in cui il tasso di trasformazione è ridotto (iniziazione); segue una fase successiva più rapida (propagazione), cui fa seguito un rapido declino (terminazione) del processo.

Questi fenomeni, considerati abbastanza deleteri per la qualità degli alimenti, possono essere considerevolmente ridotti attraverso una valutazione oculata delle materie prime impiegate, delle condizioni di stoccaggio e, non ultimo, delle tecniche di lavorazione utilizzate.

Per rallentare ulteriormente l’ossidazione, si può ricorrere ad antiossidanti naturali o sintetizzati, tenendo sempre presente il rispetto della normativa vigente. Possono essere impiegati altresì, acido citrico e acido fosforico che, riducendo il pH, limitano l’azione ossidativa la quale esplica la sua reazione ad un valore di pH compreso tra 6 e 7 e che risulterebbe praticamente inattiva a pH inferiore a 3,0.

L’acido citrico, combinato con l’acido ascorbico, esplica, sul fenomeno di ossidazione, una doppia azione inibitoria  in quanto, non solo riduce il pH ma funge da barriera protettiva nei confronti del rame presente naturalmente nell’enzima.

Negli ultimi anni  gli scienziati hanno iniziato a concepire che fenomeni di questo tipo, influenzano non poco la reazione di Maillard, strettamente legata alla cottura chimico fisica del pane, conosciuta anche come fenomeno di imbrunimento non enzimatico (enzymatic brownig).

puntini neri impasto pizza

Sul mio ragionamento qualcuno ha dissentito tuttavia, cercando e ricercando in rete, sono riuscita a trovare un documento molto esplicativo che lo appoggia in pieno così come anche un brevetto depositato su Google Patent, al fine di prevenire l’ingrigimento degli impasti. Anche se alle volte molti documenti e/o processi sembrerebbero non avere alcun legame con i nostri impasti, ritengo che sia comunque un fattore di chimica cellulare e quindi di carattere biologico. Il comportamento degli impasti implica le medesime reazioni e ragionamenti che contemplano gli alimenti.

La reazione di Maillard ad esempio, è un processo costituito da diverse cause simultanee che si verificano quando le proteine ​​e gli zuccheri nel cibo e sul cibo, subiscono (strada facendo) delle importanti trasformazioni termodinamiche. La reazione interessa una parte della fisica degli impasti e coinvolge parametri come: temperatura, umidità, pH calore, ossigeno e soprattutto: tempo. Tutti elementi chiave, che coinvolgono principalmente enzimi, proteine, zuccheri, amminoacidi, sali minerali grassi ecc, senza i quali, semplicemente, un prodotto lievitato da forno non avrebbe luogo. Del resto, l’impasto, subisce delle trasformazioni (già spiegate) che contemplano un momento di inizio, uno intermedio e uno di fine e quindi, quando si verifica il fenomeno di ossidazione, come può non collegarsi a tutti i fenomeni tra loro?

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2 Replies to “Puntini neri o pigmenti su un impasto”

  1. Luca87

    Salve, sono nuovo sia nel suo sito che nel mondo della lievitazione.

    Ho provato a fare una pasta madre partendo da acqua e farina (vivo in UK, le farine non hanno riporata la forza, quella utilizzata era una STRONG WHITE FLOUR acquistata da Tesco) impastando a mano e lasciata riposare in camera per 48 ore. Dopo le 24 ore è iniziato un “ingriggiamento” della pasta con formazione di puntini neri. Alle 48 ore la superficie era grigio scuro (non saprei darle indicazioni migliori mi spiace)con dei puntini neri, mentre all’interno era chiara e profumava di lievitazione. Ho creduto fossero delle muffe sviluppatesi per sfortuna o per aver tralasciato qualche particolare. Avevo utilizzato cura minuziosa nel detergere le mani e gli utensili utilizzati, ma le mani sono un veicolo importante di flora microbiota (come lei benissimo saprà) e dunque ho deciso di buttare via tutto e cercare di dare una direzione al mio lavoro. Le chiedo: secondo lei era la farina che essendo di bassa qualità sviluppa reazioni come da lei sopra riportato oppure erano delle muffe? Capisco che la risposta non può essere sicura visto che non posso fornirle nemmeno una foto.
    Grazie di cuore,

    Luca

  2. Pasta Madre Lover

    Salve Luca. Come giustamente ha detto, senza un riscontro visivo è molto difficile risponderle. Avrebbe potuto essere anche una semplice polifenolossidasi, ovvero un ingrigimento dovuto a sofferenza ossidativa della microflora come descritto in questo articolo. Prima di gettare tutto, avrebbe potuto tentare un rinnovo (tanto non l’avrebbe utilizzata nell’immediato) per vedere come andava poiché se avveniva una risposta fermentativa, con i frequenti rinnovi se ne sarebbe reso conto e forse, la probabilità che i puntini neri o l’ingrigimento (normalissimo in fase di creazione di una madre), avrebbero potuto scomparire lasciando spazio ad un colore sempre più tendente verso l’avorio. In ogni caso sono certa che prenderà questa risposta con la dovuta cautela poiché certamente, in una fermentazione spontanea quale è la madre, non si può affermare tutto con assoluta certezza tuttavia, fintanto che non viene ingerita, nulla può succedere. Spesso anche la reperibilità della farina può essere un problema e non conoscendo la sua o, se esiste, un contenuto in ceneri, non posso aiutarla più di tanto. All’inizio di ogni nuova fermentazione spontanea, ingrigimento, odore acre molto simile al formaggio o poca risposta immediata, sono comunque del tutto normali. Mi faccia sapere se ci riprova e magari mi contatti sulla mia pagina Facebook o, se riesce, anche via email (info@pastamadrelover.it), così mi può allegare un eventuale foto. Le lascio il link alla mia pagina Facebook così se ritiene e ha urgenze, può contattarmi https://www.facebook.com/pastamadrelover/. Se dovesse ritentare, la tenga magari a 28°C per i primi 5/6 giorni e usi un pochino più di acqua, visto che l’acqua e l’ossigeno sono il maggiore veicolo per una fermentazione più rapida. In seguito, se desidera una pasta più solida, potrà sempre modificare la consistenza. La ringrazio per la fiducia e in bocca al lupo per una eventuale nuova avventura.

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