Il pane, il tempo e le tecniche di impasto

Nel processo di panificazione, una delle prime azioni che dobbiamo svolgere è la lavorazione dell’impastoIn questo passaggio, gli ingredienti previsti per la ricetta andranno miscelati uniformemente fino alla formazione di una massa uniforme che, in gergo, viene definita “giusto punto di pasta. 

L’impasto formato, si definisce incordato quando la rete glutinica che determinerà poi la caratteristica struttura finale del pane, sarà pronta ad accogliere i gas di fermentazione che, successivamente, in fase di cottura, ci restituirà una crosta dorata che avvolgerà tante piccole “sacche” gelatinizzate che compongono la mollica (dal latino mollis: molle – ovvero, la parte mòlla del pane (in istochimica: massa molle o molécula, diminutivo di Mòles).

Qual’è il migliore metodo di impasto per un prodotto ben strutturato?

Per dare una risposta a questa domanda (che prima o poi si pongono tutti i panificatori), ho cercato in rete, letto libri, messo in pratica, provato e riprovato metodi, secondo le direttive più comuni. Nel tempo, ho valutato i pro e i contro sulle tecniche più diffuse decidendo quando e soprattutto come, applicarle.

Se desiderate suggerire un vostro metodo di lavoro o commentare questo articolo, sarò felice di leggervi; vi invito pertanto a raccontarvi nei commenti, in modo che tutti i lettori possano eventualmente trarne beneficio.

La confusione è sinonimo di apprendimento

Sul web (video, social network e blog), ma anche all’interno di alcuni libri di testo dedicati alla preparazione del pane, vengono diffuse molte teorie e informazioni relative al perché e al come impastiamo.Personalmente le trovo tutte abbastanza confuse e contraddittorie anche se, da un lato so bene che fare il pane per qualcuno è dapprima un mestiere, poi un’arte ed infine una scienza (imperfetta). Le diverse teorie, basate comunque sulle proprie esperienze e sul buon senso di chi le diffonde, non si rivelano necessariamente negative anzi, pur se generano confusione, ritengo importante e positivo acquisirne i concetti di base. La formazione personale ci consente poi di essere liberi di impastare in modo più ragionato.

Più volte vi ho parlato di ciò che accade quando misceliamo un impasto di acqua e farina: le proteine ​​della farina incontrando l’acqua, attraverso la manipolazione fisica (manuale) o meccanica, formano lunghe catene di glutine che originano una fitta rete forte ed elastica, pronta ad accogliere l’anidride carbonica (gas) generata dai lieviti.

Possiamo impastare compiendo una serie di movimenti diversi che, nel loro insieme, trasferiscono all’impasto l’energia necessaria, basata su compressione e spinta. Nel video sottostante viene mostrata proprio una delle metodiche di impasto e non a caso, ho voluto inserire questo video perché ritengo molto gratificante scoprire che anche qualcun altro, da un altro capo del mondo, mostra una delle metodiche che utilizzo spesso anch’io.

Quando si impasta in questo modo, l’impasto viene lavorato nello stesso contenitore in cui vengono miscelati tutti gli ingredienti. Questo metodo è ben descritto anche nel libro inglese The faboulos Baker Brothers.

Impastare significa trasferire energia al nostro impasto e come impastiamo diventa relativo e non assoluto.

Se si è agli inizi, suggerisco di provare con varie tecniche così da non limitarci nella conoscenza e conseguente riuscita del prodotto finale. Una volta che ci si immerge nel mondo dell’arte bianca verrà naturale trascorrere del tempo a scovare le metodiche più efficienti che ci consentano un risultato che si riveli per noi di semplice esecuzione, rispettoso del prodotto che si desidera ottenere e ideale.

Nel lavorare l’impasto, il fine da raggiungere è sempre lo stesso: trasferire energia, allineare la rete glutinica, assicurarsi che farina e acqua (soprattutto) ma anche gli altri ingredienti, risultino ben amalgamati e distribuiti uniformemente, formare una sfera ben strutturata.

 

Esistono tuttavia metodi più o meno semplici, efficaci, piacevoli e delicati che potremmo definire “più apprezzati” dall’impasto (vi ricordo che un impasto non è una massa “asettica” e priva di reazione.

Tecnica di “stratch” (stiramento manuale della pasta)

Stirare e piegare gli impasti è il concetto che sta sta alla base di una buona panificazione. É possibile farlo in due modi: direttamente nella ciotola dove misceliamo gli ingredienti oppure sul ripiano di lavoro. Quando stiriamo la pasta, permettiamo al glutine di strutturarsi e allinearsi meglio e non importa DOVE lo facciamo ma COME.

Paragonato al successivo, questo metodo lo trovo per certi versi più “moderno” tuttavia non per questo meno efficiente rispetto al seguente.

Prima di proseguire con la lettura, premetto che che 25 anni fa, da appena  sposata, acquistai una bellissima guida che si rivelò per me fondamentale e di grande aiuto in cucina. Si intitola “La grande enciclopedia della cucina” – ora, a quanto pare, fuori produzione – i cui testi (© Anne Willan – 1989  – Dorling Kindersley Limited London), stati tradotti in italiano dalla Rizzoli SPA (MI) – comprendono ben 530 pagine magnificamente illustrate. Questa premessa per illustrare la prossima tecnica di impasto, appresa leggendo questo libro e ritrovandola poi oggi in diversi video.

Invece di impastare direttamente nel contenitore, si può impastare energicamente su ripiano di lavoro con una serie di gesti e azioni “intenzionali” che permetteranno alla massa di rafforzarsi maggiormente. La differenza per la scelta della metodica di impasto sta nell’acqua ivi contenuta poiché un impasto più idratato, non consentirebbe di impastare serenamente sulla spianatoia (se non cambiando ulteriormente metodo, come vedremo più avanti). Utilizzando questo metodo con un impasto molto idratato e quindi a pasta molle, saremmo costretti ad aggiungere continuamente farina altrimenti l’impasto si incollerebbe sul tavolo. Oltre tutto, l’idratazione prevista subirebbe una notevole variazione e non sarebbe più il prodotto ricercato!

Una volta che gli ingredienti sono stati miscelati in modo che non rimangano resti di farina asciutta, rovesciare la massa sul tavolo (non infarinato), afferrare il lato dell’impasto allontanandolo da noi con la mano dominante e “stirarlo” con l’altra mano impedendone lo spostamento(tecnica di stretch). Piegando (folding) l’impasto su se stesso, ripetere ciclicamente questi movimenti, avendo cura di tanto in tanto di ruotare l’impasto facendogli compiere un giro completo di 360°.

Questi passaggi andranno eseguiti continuamente fin tanto che l’impasto non risulti abbastanza liscio ed elastico. Di solito, ciò avviene dopo 10-20 minuti circa. Il tempo di impasto varia a seconda della forza della farina utilizzata. Se l’impasto tende a strappare e lo si avverte alquanto tenace sotto la spinta di stiramento, lasciarlo tranquillo per un pò, permettendone il rilassamento e poi, ricominciare ad impastare.

Nella foto sottostante, si può osservare un impasto piuttosto grezzo, lasciato in stato di “riposo” per 30 minuti e realizzato a mano in 7 minuti mediante l’impiego di uno sfarinato debole.

Lo stesso impasto dopo 30 minuti,  nuovamente manipolato. Come si può notare l’aspetto è decisamente cambiato e si presenta liscio e sodo, ben strutturato.

Questo metodo operativo si può applicare a impasti rigidi (pane a pasta dura, panini, brioche ecc.) che, una volta formati, non tendano ad attaccarsi alla superficie di lavoro.

Il metodo francese (Slap&Fold)

Negli impasti molto idratati dove è presente più acqua (pani a pasta molle), l’impasto risulterà notevolmente appiccicoso e disordinato. In questo caso si potrà optare per il metodo Slap&Fold che in italiano si traduce in “Batti e Piega”

Praticato da secoli, per lo più dai panificatori francesi, questo metodo ha raggiunto il grande pubblico grazie al libro, di Richard Bertinet – “Dough” dedicato alla produzione del pane.

Questo metodo – spesso definito come “piega francese” o anche “Metodo Bertinet” – si basa si gesti molto veloci: si stira l’impasto e si ripiega su se stesso con un gesto velocissimo. Dopo circa 100 “battute”, da appiccicoso che era, l’impasto si presenterà liscio, ben strutturato e pieno di gas.

No-Knead Artisan Bread

Nel 2015, a causa di un problema personale dovetti evitare sforzi eccessivi con le braccia per un lungo periodo e il mio cruccio più grande, era il non poter impastare il mio pane. Tuttavia, non mi persi d’animo e cominciai a cercare in rete un metodo che mi consentisse, con sforzo pressoché nullo, di panificare. Magicamente, trovai lui e fu amore a prima vista, la mia soluzione: il pane senza impasto, conosciuto anche come No-Knead Artisan Bread (la cui paternità va riconosciuta a Jim Lahey). 

Sui gruppi Facebook amatoriali italiani che si occupano di pasta madre, il no-knead non era molto diffuso tant’è che molte persone ancora oggi, mi pongono molte domande in merito. Il passaparola alquanto dirompente, ne consentì la diffusione di massa e così, grazie anche ad un evento storico che lanciai, proponendo un gemellaggio tra due gruppi: Pazzi per il Pane, Arti Bianche e “Quelli che…fanno il pane con la pasta madre”, si diffuse in modo virale anche tra gli amatoriali (blog e siti compresi). Questo è stato il momento più significativo del mio percorso dedicato alla panificazione perché proprio in quel periodo il mio sito cominciò a ricevere numerose visite.

Il No-knead artisan bread mi ha insegnato davvero molto, conducendomi poi ad ulteriori ragionamenti successivi. La scoperta di quanto il tempo si riveli  miracoloso per gli impasti mi ha illuminata, concedendomi di raggiungere la mia metodica personale e parallelamente, privandomi di quel  timore reverenziale che, bene o male, assale tutti i panificatori in erba.

La libertà di poter decidere QUANTO, ma soprattutto COME, impastare il nostro pane, determina un cambiamento interiore nonché l’approccio verso gli impasti e ovviamente, il miglioramento diverrà costante.

Filoncino di Pane con grano tenero di tipo 1 e pasta di riporto al taglio

Il tempo,  un ingrediente imprescindibile

Il tempo è quindi l’elemento cruciale. Un dettaglio da non trascurare, che fa la differenza.

Molto spesso le persone hanno fretta di impastare e soprattutto di cuocere. Tuttavia, come succede a tutti, fino a quando non ci si “mette d’accordo” con il tempo, il pane non sarà perfetto.

Non a caso, il maestro Piergiorgio Giorilli, pubblicando il suo ultimo libro lo ha intitolato “La panificazione lenta”.

Tempo e autolisi

Il potere del tempo si manifesta anche, quando operiamo mediante un’altra tecnica di miscelazione molto importante: l’autolisi (R.Calvel – 1974). Per approfondimenti, valuta di leggere questo link. Nel momento in cui mescoliamo farina e acqua la metodica dell’autolisi entra in azione idrolizzando le proteine ​​presenti nella farina (gliadina e glutenina) e loro disgregazione, darà origine al glutine. La massa informe, nel tempo, subirà una trasformazione divenendo un composto più uniforme e “legato”, rendendo più semplice l’incordatura con conseguenti benefici, prima, durante e dopo la cottura.

Autolisi o pane senza impasto?

Molte persone asseriscono erroneamente che una autolisi possa essere avviata prevedendo al suo interno l’impiego di una popolazione microbica (lievito o pasta acida). Forse è proprio sulla falsa riga del processo autolitico che il pane senza impasto ha riscosso un notevole successo?

Pur se presente un agente lievitante infatti, il glutine, originato comunque per “reazione proteica” viene formato parallelamente alla fermentazione che avviene invece per reazione enzimatica. L’idea che mi sono fatta, per esperienza operativa, è che questo processo necessita di molto più tempo rispetto ad un impasto ben lavorato, che preveda una pre-lavorazione con autolisi.

Impasti a fasi alterne

Un altro buon metodo di manipolazione consiste nell’alternanza tra impasti e riposi. Impastare prevedendo riposi di 15 minuti ciascuno, permetterà all’impasto finito di presentarsi uniformemente incordato – Di nuovo il tempo.

Questa metodica però può andar bene per chi ha molto tempo a disposizione e si rivela utile soprattutto con quegli impasti che prevedono tempistiche di impastamento più lunghe, come accade con farine più tenaci e di forza (che contengono molto glutine): dopo i primi 30/45 minuti di autolisi, se prevista, miscelare gli ingredienti rimanenti; impastare per pochi secondi, piegando l’impasto delicatamente, alternando riposi di mezz’ora o giù di lì. Unica accortezza: con il trascorrere del tempo, le pieghe dovranno divenire sempre più delicate, così da preservare il più possibile i gas generati dai lieviti all’interno dell’impasto durante la fermentazione.

L’impasto meccanico

Servendoci di un’impastatrice meccanica, è bene non permettere MAI il surriscaldamento dell’impasto onde evitare di degradare tutto il processo di formazione del glutine che, in questo caso, viene accelerato.

Io adoro impastare a mano tuttavia, con impasti difficili, molto grassi e/o molto idratati, o anche quando non desidero stancarmi, utilizzo l’impastatrice (una umile Klarstein) che si rivela un valido aiuto.

klarstein bella bianca

In tal caso, si dovrà cercare di terminare un impasto senza esagerare con lunghe tempistiche di miscelazione e lasciare che il tempo faccia la sua parte agendo sulla “definizione” della massa.

Spesso leggo che l’impasto deve essere assolutamente portato in corda altrimenti non avrà abbastanza struttura e volume per il prodotto finale. Non credo sia così. Mi chiedo infatti come sia possibile, affermare una cosa del genere quando, personalmente, ho notato che una manipolazione manuale e alternata a riposi, raggiunge medesimi risultati e, egualmente, quando realizzo un pane senza impasto, che di struttura ne ha eccome (vedi foto sottostanti)!

Riguardo ai metodi descritti, noterete che la maggior parte di essi sono semplicemente delle semplici variazioni di conduzione di un impasto poiché i nostro obiettivo dovrà sempre essere quello di permettere l’allineamento della rete glutinica all’interno dell’impasto e pertanto, qualsiasi tecnica che includa lo stretching e il ripiegamento sarà perfetta.

Il mio suggerimento è comunque quello di lasciare SEMPRE che il tempo svolga la maggior parte del lavoro al posto nostro. Scegliere un metodo di impasto tra quelli sopra descritti o provare tutti quelli che incontriamo strada facendo, ci permetterà di gestire gli impasti a nostro piacimento. Trovo che, per un appassionato panificatore, questa sia la migliore strada da percorrere al fine di ottenere buoni risultati e questo vale per tutti.

Aspetto i vostri commenti e, come detto a inizio pagina, se avete suggerimenti, sarò felice di leggervi qui o sulla mia pagina Facebook “Pastamadrelover“.

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