Lievito e intolleranze alimentari

La lettura di questo articolo non dovrà sostituire in alcun modo una diagnosi medica. Prego quindi chi legge, di valutarlo solo come spunto di riflessione e ulteriore ricerca, utile a valutare la questione con il proprio medico di riferimento. 

Molte persone sono convinte di essere “allergiche” al lievito e di conseguenza al nichel. I “sintomi” come il gonfiore allo stomaco, dolori addominali e problematiche di varia natura che si traducono in effettivi e conclamati. Per un motivo o per un altro, nel quale non entro nel merito, lamentano che il problema sia attribuibile all’assunzione del lievito di birra. Dato che questo concetto mi si presenta spesso, mi sono chiesta, da semplice persona che vuole essere informata, quanto la loro convinzione fosse fondata e così ho fatto delle ricerche la cui risposta è alquanto interessante. Ho pensato che potrebbe risultare utile quindi, riportarla.  Più che al lievito, la sintomatologia denunciata pare associata ad aspetti che, pur se in minima parte lo riguardano, sono ben più di ampio spettro. Vediamo insieme cosa ci racconta uno degli studi sui quali mi sono soffermata.

Sindrome dell’intestino irritabile e allergia al nichel

La sindrome dell’intestino irritabile, conosciuta anche come IBS (dall’inglese Irritable Bowel Syndrome), è caratterizzata da dolore addominale cronico o disagio accompagnato da movimenti intestinali anomali. Nei soggetti sensibilizzati, il nichel ingerito (Ni) può indurre sintomi gastrointestinali simili all’IBS, oltre alle tipiche lesioni sistemiche riscontrabili a livello cutaneo (Sindrome da Allergia Sistemica al Nichel (SNAS).

Secondo uno studio codotto tra dicembre 2012 e gennaio 2014, i soggetti con IBS, non iscritti ad altri studi e riferiti alla Divisione di Gastroenterologia della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, pubblicato il 1° gennaio 2017 sul J. Neurogastroenterol Motil journal, una dieta a basso contenuto di nichel potrebbe migliorare le manifestazioni sistemiche.

Lo studio, condotto su 20 pazienti affetti da IBS e sospetta SNAS, ha valutato la prevalenza dell’allergia al nichel nell’IBS e gli effetti consecutivi, indotti da un’alimentazione a basso contenuto dell Ni relativamente ai sintomi gastrointestinali, all’assorbimento, alla qualità della vita, nonché lo stato psicologico dei pazienti sensibilizzati.

La dieta a basso contenuto di Ni ha dimostrato un significativo e costante miglioramento dei sintomi gastrointestinali e un altrettanto significativo miglioramento della scala analogica visiva. In conclusione, sempre secondo lo studio pilota, una dieta a basso contenuto di Ni migliora i sintomi gastrointestinali nei pazienti con IBS e SNAS.

Secondo questa ricerca, proseguendo il discorso sulle cause del disturbo, i meccanismi scatenanti sono associati ad una disregolazione dovuta all’asse “cervello-intestino” (Insufficienza autonomica primaria o malattia primitiva del sistema nervoso autonomo) che scatena un’infiammazione cronica di basso grado all’interno della parete intestinale e un’alterazione della funzione immunologica. Ad oggi, per questi pazienti, non esistono marcatori relativi ad una malattia strutturale o biochimica, pertanto,  per definire la sindrome da IBS, in assenza di disturbi organici, sono stati utilizzati i criteri diagnostici clinici (criteri di Roma).

Nei soggetti sensibili, il nichel ingerito (Ni) può indurre sintomi gastrointestinali come nausea, pirosi, meteorismo, dolore addominale, diarrea e costipazione, oltre a tipiche lesioni cutanee sistemiche.

Il quadro clinico è noto come sindrome da allergia al nichel sistemico (SNAS).

Sebbene in letteratura non vi sia un accordo generale sull’efficacia di un trattamento dietetico, alcuni studi hanno confermato il miglioramento della dermatite sull’assunzione di Ni libero o mediante una dieta a basso contenuto di questo, per un periodo compreso tra 4 settimane e 6 mesi.

La ridotta funzione di assorbimento intestinale, correlata ad alcune forme di IBS è stata associata ad un’anomala disregolazione del sistema immunitario con azione immunosoppressiva prevalente.

La rimozione assoluta del Nichel dalla dieta risulta però poco pratica a causa della sua onnipresenza in quasi tutti i cibi e/o materiali.

Gli alimenti ad alto contenuto di Nichel sono le carote, le cipolle, cavoli, cavolfiori e broccoli, spinaci, asparagi, lattuga e insalata verde, funghi, patate, pomodori, concentrato di pomodoro, carciofo, fagioli e lenticchie, piselli, mais, avena, albicocche, fichi, pere, mandorle, noci, arachidi, uva passa, prugne, liquirizia, cacao, farina integrale, rabarbaro, aragosta, ostriche, platessa, merluzzo, cozze, ostriche, tè, margarina e lievito.

Il problema dunque, a detta dello studio, non risiede solo ne lievito anche perché il nichel, oltre agli alimenti citati, è una presenza costante anche nell’acciaio (pentole, contenitori, ripiani ecc). Tuttavia, se è vero che si può essere allergici o intolleranti (e già qui le cose sono ben diverse) è pur vero che questo dipende dalla diagnosi SERIA e dalla tipologia e gravità della sindrome che non va ricercata nella SOLA assunzione del lievito.

Il primo rapporto, in fase di studio, ha mostrato un’elevata prevalenza di sintomi in stretta correlazione ad altri meccanismi sottostanti, di carattere fisiopatologico, che collegano questi disturbi a sintomi gastrointestinali che “imitano” le caratteristiche cliniche dell’IBS.

Ciò è parso particolarmente evidente in quei pazienti sottoposti ad una lunga serie di test gastrointestinali, in assenza di sintomi oggettivi di patologia organica. Inoltre, il peggioramento post-prandiale (successivo al pranzo) dei sintomi e le relative reazioni avverse, legate ad uno o più alimenti, risultano comuni.

La dieta alimentare quindi, nella patogenesi dell’IBS, assume un ruolo relativamente minore e le proposte di intervento dietetico nella gestione di questa sindrome, sono in costante aumento. Tuttavia, risulta noto che il disagio psicologico è una concausa cche accomuna questi pazienti e lo studio, ha confermato l’alta prevalenza di ulteriori sintomi di carattere psichiatrico; in particolare: l’ansia.

Vai alla fonte: J. Neurogastroenterol Motil journal

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