Differenza tra farina e semola – Classificazione degli sfarinati e legislatura

Moltissimi millenni orsono, l’uomo scoprì come coltivare le piante e addomesticare gli animali dando avvio ad un processo  destinato a cambiare notevolmente la terra e la vita di quasi tutti gli esseri viventi. Tuttora, la principale fonte energetica umana deriva dai cereali ma vediamo bene come essi debbano essere distinti e come vengono classificati in base alla varietà e alla tipologia e perché. La confusione, in termini di classificazione e denominazione di farina o meglio, sfarinati, è sempre troppa. Molto spesso, le etichette non ci aiutano nel rispetto dei decreti legislativi e ci portano, in qualità di consumatori, fuori strada. Capita spesso infatti, che alcuni pacchi di farina, riportino in etichetta la dicitura “semola rimacinata integrale” e quindi, giustamente, le persone chiedono poi, semmai esista una farina di semola rimacinata integrale. C’è anche da dire, che per quanto il decreto legge che classifica le farine e le semole sia definito, non è ben “chiaro” e andrebbe probabilmente rivisitato e la chiarezza sarebbe importante per molte persone poiché, leggendolo attentamente, non è che sia poi così lampante, se non, forse, per le industrie molitorie. Non tutti si prendono la briga di chiarirlo meglio e se una persona volesse comprendere di più o approfondire il significato di alcune parole come – liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità – se non è del mestiere, non ci capisce proprio niente e a nulla servono le ricerche in rete poiché rendere chiaro questo concetto è forse, per alcuni, scontato.

Sementi elette

E’ necessario fare una premessa che comporta un maggiore approfondimento in merito a quanto accade al cereale che giunge al molino, prima della sua classificazione e denominazione.

La Macinazione

E’ il passaggio fondamentale della trasformazione del frumento in sfarinati (corretta denominazione dei prodotti derivati) e ha come obiettivo principale, quello di separare l’albume amilaceo della cariosside dalle parti periferiche, possibilmente ottenendo il miglior rendimento.
Principale prodotto della macinazione dei cereali è il frumento tenero e duro, il cui nome botanico è, rispettivamente Triticum Aestivum e Triticum Durum.
Il principale prodotto macinato derivante dal grano duro è la SEMOLA mentre quello del frumento è denominato FARINA. Anche il grano duro, secondo la legislazione italiana, il prodotto privo di granulometria e più raffinato derivante dal grano duro, può essere definito “farina”.

Molte etichette, riportano la denominazione di SEMOLA RIMACINATA tuttavia, la sua corretta denominazione legale è farina di semola.

La trasformazione del frumento in sfarinati, prevede tre fasi fondamentali:

  1. la pulitura del grano
  2. il condizionamento
  3. la macinazione

La Pulitura viene effettuata allo scopo di allontanare tutto il possibile materiale estraneo che può essere di natura minerale o vegetale. Essa riveste grande importanza e deve essere condotta con particolare cura in quanto influenza la qualità dei prodotti finiti e semilavorati.

I diversi sistemi di pulitura adottati possiedono dei dispositivi comuni, come, ad esempio, il dispositivo di aspirazione, utile ad eliminare le impurità più leggere (pagliuzze). Poi c’è il dispositivo di calibrazione, che serve a separare grani grandi da semi estranei di piccole dimensioni ed infine, vi sono le spazzole, utili per pulire la superficie della cariosside parallelamente ad un dispositivo di aspirazione, spietratore (che elimina i sassolini) e separatore magnetico.

Il condizionamento

Fase in cui il grano viene inumidito con una sufficiente quantità di acqua onde semplificare il distacco delle parti tegumentali esterne dalla mandorla farinosa che contribuisce alla rottura della stessa, poiché ammorbidita. Lo scopo è per l’appunto quello rendere più morbido l’involucro in modo da evitarne la totale frammentazione, così da favorire il distacco, ridurre la durezza dell’albume e facilitare la trasformazione successiva in sfarinati ottenendo un grado di danneggiamento dell’amido ottimale, utile alle diversificate destinazioni d’impiego.
Il condizionamento è influenzato dalla quantità di acqua, dalla temperatura alla quale viene espletato il trattamento e dalla durata del condizionamento (stoccaggio) del grano in termini di riposo. L’idratazione porta il grano al 16-17% di umidità, con tempi di riposo che oscillano, a seconda, dalle 12 alle 48 ore. La durata del riposo viene stabilita sulla base dell’umidità iniziale del grano e del maggiore o minore grado di friabilità della mandorla. Per il frumento tenero in particolare, il condizionamento viene differenziato in funzione della durezza delle cariossidi (hardness). In genere per i grani cosiddetti “hard” sono richieste quantità di acqua, ma anche tempi, superiori rispetto ai grani “soft” e quindi più teneri. Grani appartenenti a diverse classi di durezza, possono essere frantumati separatamente onde ottimizzare il processo di molitura. Questo è il motivo per cui il parametro della durezza delle cariossidi e il condizionamento, vengono sempre più considerati durante le transazioni commerciali.

La macinazione si divide un due step

  1. frammentazione/dissociazione delle cariossidi
  2. separazione dei costituenti.

La prima operazione, detta anche di rottura, permette di dissociare la mandorla centrale e i rivestimenti esterni, frazionando le semole vestite, riducendole poi in sfarinato. La seconda operazione assicura la separazione dalle parti cruscali, nonché dai rivestimenti, in base alla granulometria e alle proprietà fisiche.

L’apparecchiatura più frequentemente utilizzata per la macinazione del frumento odierno è il laminatoio a cilindri, entrato in vigore verso la fine del XIX secolo.
Prima dell’introduzione dei molini a cilindri, la macinazione veniva realizzata mediante palmenti in pietra, formati da due mole cilindriche di cui una fissa e l’altra rotante. Venivano utilizzati anche i molini a percussione, dotati di martelli o battitori rotanti che in alcuni siti, ancora oggi vengono utilizzati per la polverizzazione fine in un solo stadio, di materiali diversi o per gli scarti della molitura.
Il laminatoio a cilindri è costituito normalmente da una, due o più coppie di cilindri e se la macchina comprende una sola coppia, si parla di laminatoio semplice. Normalmente però, la situazione più diffusa, prevede coppie di cilindri che consentono di rasprmiare spazio, i quali trasformano i chicchi di grano in sfarinati con azioni di rottura, svestimento e rimacina. La funzione svolta dai laminatoi è quella di frantumare la mandorla, distaccandola dai rivestimenti cruscali. L’operazione di frantumazione deve essere condotta gradualmente, al fine di evitare l’eccessiva frantumazione poiché altrimenti, la separazione diverrebbe difficoltosa. Ogni operazione, comprende anche la separazione via setacciamento che permette così di classificare il prodotto ottenuto, prima di inviarlo ai successivi cilindri dotati di plansichter, dispositivo costituito da un insieme di setacci posti l’uno sull’altro e sottoposti a movimento, al fine di assicurare una setacciatura o estrazione regolare da un setaccio all’altro. I tessuti impiegati per la fase di abburattamento possono essere composti da fili metallici o in seta e presentano maglie di forma quadrata attraverso le quali, le particelle più fini del materiale da selezionare, riesce a oltrepassare il buratto. Le parti più grandi finiscono invece per essere scartate.
I cilindri dei laminatoi sono in ghisa e possono essere rigati o lisci. Quelli rigati, sono provvisti di scanalature o righe, utili a recidere e ridurre le dimensioni del materiale introdotto. Quelli lisci invece, agiscono da presse. La ghisa dei cilindri rigati è molto dura e maggiormente resistente di quella utilizzata per i cilindri lisci.
I cilindri lavorano sempre in coppia ma a velocità periferiche diverse per cui, un cilindro è più rapido e uno, proporzionalmente, più lento. Se le velocità fossero identiche il materiale subirebbe un’azione di semplice schiacciamento e la macinazione non sarebbe ben eseguita. Nel caso della macinazione del frumento duro, le semole ottenute si separano dai frammenti cruscali, ancora attaccati alle particelle di semola, mediante la semolatrice costituta da setacci inclinati e sottoposti a movimento oscillatorio. Un sistema di aspirazione, permette di separare le particelle sulla base delle proprietà: tagli, forma e densità.

Proprietà degli sfarinati e metodi di valutazione

La definizione e le caratteristiche delle diverse tipologie di sfarinati sono regolate da un’apposita legge (legge n. 580, del 4 luglio 1967 e successive modifiche) che disciplina la lavorazione e il commercio di cereali e degli sfarinati per pane e paste alimentari, stabilendo i limiti relativi ad alcuni parametri analitici.

Dalla macinazione del frumento duro si ottengono:

  • “semola di grano duro” o semplicemente “semola”: prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e dal conseguente abburattamento del grano duro, ripulito dalle sostanze estranee e dalle impurità;
  • “semolato di grano duro” o semplicemente “semolato”: il prodotto ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, ripulito dalle sostanze estranee e dalle impurità, dopo l’estrazione della semola;
  • “semola integrale di grano duro”: prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto direttamente dalla macinazione del grano duro, ripulito dalle sostanze estranee e dalle impurità;
  • “farina di grano duro”: prodotto NON GRANULARE ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, ripulito dalle sostanze estranee e dalle impurità.

Dalla macinazione del frumento tenero si ottengono:

  • “farina di grano tenero” o semplicemente “farina”: prodotto ottenuto dalla macinazione e dal conseguente abburattamento del grano tenero ripulito dalle sostanze estranee e dalle impurità.

Le farine di grano tenero possono essere prodotte nei 5 tipi

  • “00”
  • “0”
  • “1”
  • “2”
  • “farina integrale di grano tenero”: prodotto ottenuto direttamente dalla macinazione del grano tenero, ripulito dalle sostanze estranee e dalle impurità.

Le caratteristiche di legge, relativamente agli sfarinati di frumento tenero e duro, si riferiscono ai soli sfarinati commercializzati in Italia poiché per altri paesi, la normativa è diversa.

Nota: La semola rimacinata di grano duro è ottenuta dalla semola raffinata in cui la normativa, al punto 6 del decreto dice che :

E’ consentita la produzione, da destinare esclusivamente alla panificazione ed al consumatore, di semola e di semolato rimacinati nonché di farina di grano duro.

Normativa ufficiale: DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 9 febbraio 2001, n. 187 (vai al link).

I parametri più considerati, a livello di etichettatura, sono essenzialmente:

  • l’umidità
  • il contenuto in sostanze minerali (ceneri)
  • le proteine.

L’umidità massima consentita per tutti gli sfarinati è il 14,50%. Il tenore in sostanze minerali di una semola o farina può essere considerato come un indice di purezza, ovvero l’indice di contaminazione microbica degli strati periferici. Dal momento che gli strati esterni del chicco sono particolarmente abbondanti in sostanze minerali e fibre e che, al contrario, l’endosperma amilaceo contiene livelli inferiori, le caratteristiche chimico-fisiche dei vari costituenti della cariosside determinano la qualità degli sfarinati e quindi, dei prodotti finiti. La caratterizzazione qualitativa degli sfarinati viene stabilita in base ad analisi chimico-fisiche e reologiche. Queste ultime sono analisi che in genere vengono effettuate per simulazione, mediante l’ausilio di appositi strumenti che determinano il comportamento degli impasti durante i processi di lavorazione. Dette analisi consentono altresì di determinare i componenti delle cariossidi e degli sfarinati quali: tenore in ceneri, contenuto proteico, contenuto in glutine, rapporto amilosio/amilopectina, contenuto in lipidi, composizione aminoacidica ecc. e la tessitura (hardness o softness) delle cariossidi.

Le analisi reologiche valutano la qualità del glutine (indice gltinico, indice di sedimentazione), le attività enzimatiche (indice di caduta di Hagberg, test amilografico e test sperimentali di panificazione e pastificazione.

La quantità di glutine viene determinata a partire dallo sfarinato (semola o farina), il quale viene impastato con una soluzione salina di cloruro di sodio al 2% e successivamente lavato con acqua, al solo scopo di eliminare l’amido e le proteine solubili. Il glutine umido ottenuto, viene asciugato in stufa o mediante opportune piastre essiccanti e il risultato, espresso in percentuale, determina sia il glutine in fase umida sia quello a secco. L’indice glutinico valuta invece la qualità del glutine umido che una volta estratto, viene sottoposto a centrifugazione e spinto attraverso un apposito setaccio. La percentuale di glutine residua sul setaccio, dopo la centrifugazione, rappresenta per l’appunto il valore indicativo. Se il glutine è molto debole, riesce a passare interamente attraverso il setaccio e l’indice di glutine è = 0; viceversa, se il glutine è molto forte, non riesce a passare attraverso il setaccio, l’indice di glutine viene espresso con il valore = 100.

Un altro parametro fondamentale che determina le propietà reologiche dello sfarinato è l’indice di caduta di Hagberg o anche detto Falling Number. Consiste nell’evidenziare i difetti del grano eventualmente pre-germinato che sarà dotato, quindi, elevata presenza di α-amilasi. L’indice di caduta, ci fornisce indicazioni sulla viscosità di una sospensione di farina in acqua. Il risultato, espresso in secondi, è inversamente proporzionale al contenuto di α-amilasi.

Uno strumento utile a valutare il comportamento dell’impasto, ottenuto a idratazione fissa quando viene sottoposto a deformazione mediante insufflazione di aria, è l’Alveografo di Chopin. Esso trasforma un piccolo impasto in una bolla fino a provocarne la rottura. Contemporaneamente alla trasformazione, viene prodotto un tracciato (alveogramma) dal quale si ricavano varie informazioni che indicano la resistenza opposta dall’impasto alla deformazione (quindi la forza della farina o W); la tenacità dell’impasto sottoposto a pressione (P) mediante l’altezza della curva; l’estensibilità (L), rappresentata dalla lunghezza della curva e infine, il rapporto tra tenacità/estensibilità – P/L – che ne esprime l’equilibrio. Valori reologici equilibrati sono espressi in P/L 0.5/0.6.

Il Farinografo di Brabender è utile a misurare e rappresentare graficamente le variazioni di consistenza di un impasto sollecitato meccanicamente durante la fase di impastamento. L’assorbimento idrico (in %) rappresenta il massimo quantitativo assorbibile dalla farina affinché sia in grado di produrre un impasto di consistenza ottimale. Il tempo di sviluppo, rappresentato in minuti, esprime il tempo necessario affinché lo sfarinato produca un impasto a consistenza ottimale nonché, il tempo necessario a mantenerne le condizioni.

Ne consegue che:

  • tempi lunghi di stabilità corrispondono alle caratteristiche di forza della farina
  • assicurano un’elevata resistenza alla manipolazione e alla fermentazione/lievitazione
  • L’indice di caduta esprime la perdita di consistenza dell’impasto dopo un intervallo di tempo prefissato.

Il test di panificazione consente di rappresentare nel modo più completo possibile la qualità panificatoria dei grani. Il metodo maggiormente adottato a livello internazionale (AACC 10-10B) consente di valutare il volume e l’altezza di pani in cassetta, ottenuti con soli 100 g di farina. Il volume del pane è altamente correlato a tutti i parametri descritti, derivante dalle analisi chimico-fisiche e reologiche sopracitate.

Tratto da coltura&cultura.it

Ulteriori approfondimenti potete leggerli sulla testata scientifica Quotidie Magazine della Dottoressa Simona Lauri

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