La muffa nella pasta madre – Alterazioni microbiche e micotossine

Molto spesso, quando viene avviata un nuova coltura microbica fermentata spontaneamente, con l’obiettivo di voler realizzare poi il pane con pasta madre, cosa che facciamo in migliaia, può capitare che nelle prime 48 ore di fermentazione si riscontrino delle macchie di muffa sulla superficie del composto. Cosa fare nel caso in cui questo accada? Perché succede? Come fare per creare un ambiente adatto e, in caso di contaminazione, sanificarlo al meglio? Quando ricevo queste domande, non potendo suggerire di rivolgersi ad un laboratorio di ricerca che tra l’altro poi a livello amatoriale non è proprio il caso, il mio suggerimento è quello di  far gettare immediatamente tutto, compreso il barattolo e sanificare al meglio possibile l’ambiente di lavoro il quale, potrebbe essere stato contaminato in modo irreversibile. Con questo non desidero spaventare nessuno tuttavia invito a prendere atto che un rischio di contaminazioni, negli ambienti e negli alimenti, è sempre molto elevato.

Laddove sostano materiali organici gli organismi viventi, invisibili o appena visibili ad occhio nudo, sguazzano. Ricordiamolo sempre.

Cercando in rete, vengono fuori delle immagini molto significative. Un’esplosione di colori da fare invidia ai più grandi artisti della cromia. Tuttavia, non lasciamoci ingannare dai colori perché pur se la natura li accoppia perfettamente, in questo caso è meglio evitare.

Dò per assunto che chi sta leggendo, sia consapevole che la pasta madre altro non è che un composto microbiologico, abitato quindi da  minuscoli microrganismi viventi i quali trovano terreno fertile in qualunque materiale organico. Assumo e presumo anche, che si sappia che la pasta madre fermenta spontaneamente, anche se la sua fermentazione (spontanea) è considerata la meno rischiosa tra tutte le variegate fermentazioni spontanee esistenti. Ricordiamoci sempre che abbiamo a che fare con degli “esseri” vivi che prolificano, si moltiplicano e dei quali non conosciamo assolutamente l’origine (né l’evoluzione). Questa è una realtà indissolubile, dalla quale non possiamo prescindere. Detto ciò, quali sono i rischi di contaminazione?

Cosa sono le Micotossine?

Le micotossine sono metaboliti fungini secondari, tossici, generati da funghi appartenenti ai contaminanti più rischiosi e pericolosi per la salute. Esistono in natura, all’interno di una vasta gamma di prodotti alimentari (Bennett e Klich 2003) poiché contaminano materiali organici  tra cui, vegetali e mammiferi (uomo e animali se ne cibano).

La maggior parte dei paesi europei ha risposto a questa minaccia allarmante, stabilendo i livelli massimi di presenza di micotossine all’interno degli alimenti, attraverso documenti massicci, pubblicati e diffusi dalla Commissione Europea, a partire dall’anno 2006 in poi. L’impostazione dei livelli massimi consentiti, si basa sulla valutazione del rischio di tossicità, prendendo in considerazione i dati raccolti a livello mondiale, tenendo però anche conto dell’offerta e della domanda commerciale.

Un prodotto che arriva nella nostra cucina, può dunque essere già contaminato naturalmente e con livelli accettabili per cui, noi dobbiamo solo evitare che questa contaminazione sfoci in pericolo e si traduca in una minaccia per la nostra salute.

L’acqua e la farina non sono esenti da contaminazioni pertanto, l’avviamento di una nuova coltura madre che tra l’altro si compone di batteri e lieviti (questi ultimi sono funghi), potrebbe sviluppare micotossine che, se trovano un ambiente favorevole e un pH non sufficientemente adeguato che favorisca un habitat equilibrato all’interno della nuova coltura, prendono il sopravvento e possono divenire un rischio, oltre che gravare verso una più esasperata sanificazione ambientale.

Quali sono le principali specie di micotossine presenti negli alimenti e negli ambienti? Mi sono posta questa domanda e mi sono data una risposta: le specie fungine.

Principalmente presenti negli alimenti, esse appartengono al regno dei funghi e ai generi Aspergillus, Penicillium, Fusarium, Alternaria e/o Claviceps.

In termini di tossicità e insorgenza, le più significative e pericolose sono le aflatossine (appartenenti alla specie Aspergillus). Oltre le aflatossine troviamo anche le ocratossine (del genere Aspergillus e Penicilline); le fumonisine, il deossinivalenolo, meglio conosciuto e più pronunciabile come DON e altre del genere Fusarium che è impossibile classificare per esteso. Tutte, comunque, abbastanza pericolose e contaminanti, capaci di attaccare ogni genere di alimento e contaminare l’ambiente. Ci sono i parassiti come la Salmonella e il Clostridium Botulinum che sicuramente conosciamo meglio perché più nominati da tutti, anche dai media.

Gli effetti nocivi degli alimenti contaminati da micotossine possono essere comunque evitati o ridotti notevolmente mediante prevenzione. Come dicevo poc’anzi, la contaminazione interessa tutta la filiera produttiva, dalla quale noi non siamo esclusi.

La presenza di contaminanti nei prodotti alimentari, può essere mitigata attraverso trattamenti specifici, atti a ridurre la pericolosità. La riduzione del contenuto di micotossine nel cibo inizia a monte della fase di lavorazione. L’operatore poi modifica ulteriormente le caratteristiche chimico-fisiche dell’alimento ed ecco che la riduzione presenta meno rischi per la salute. Nel settore industriale queste regole preventive sono contemplate nel manuale di buona prassi igienica, conosciuto anche come HACCP.

Le modifiche chimico-fisiche degli alimenti consistono principlamente in:

  • Acidificazione, fermentazione: modifica del pH
  • Riduzione dell’acqua libera (Aw): disidratazione
  • Trattamento termico: pastorizzazione/sterilizzazione
  • Basse temperature: condizionamenti ambientali
  • Refrigerazione: riduzione/rallentamento dello sviluppo microbico
  • Congelamento: blocco dello sviluppo microbico

Le condizioni ambientali e la temperatura circostante l’alimento, sono anch’esse fondamentali  onde tenere sotto controllo alcuni tipi di microrganismi.

Questi ultimi si diversificano in:

  • Psicrofili (tra -15 e +20°C, dove la temperatura ottimale è +10°C)
  • Mesofili (tra +5/-10°C e +50°C, dove la temperatura ottimale di sviluppo è +30/-40°C
  • Termofili (tra+40°C e +65°C, dove la temperatura ottimale è tra +50/55°C

L’umidità ambientale dell’alimento è un parametro importante e influisce anche sulla proliferazione superficiale dell’alimento la cui atmosfera circostante può favorire sia i microrganismi aerobi e anaerobi.

Ad esempio, la conservazione di un alimento in busta antitraspirante e ben sigillata, in assenza di ossigeno e in presenza di elevata umidità residua/relativa (ur), potrebbe divenire terreno fertile per lo sviluppo microbico. E’ necessario pertanto un trattamento di disidratazione dell’alimento, onde evitare la presenza di acqua libera, elemento che concorre a favorirne contaminazione.

Utensili, attrezzature e macchinari da lavoro quali, apparecchi elettrici, fruste, planetarie o impastatrici, spatole, ripiani di lavoro, contenitori ecc. (mi riferisco  soprattutto all’ambiente casalingo), devono essere lavati immediatamente dopo l’utilizzo e possibilmente, non lasciati stazionare per troppo tempo all’interno dei lavandini (i sifoni sono pieni di batteri e spore) poiché il ristagno, tra l’altro, favorisce ampiamente la prolificazione microbica (i batteri amano l’acqua).

Pseudomonas Aeruginosa o Burkholderia Cepacia, sono ad esempio due specie di batteri contaminanti e presenti nei ristagni dei sifoni per cui, se in casa vi sono persone con problematiche respiratorie, un’accurata attenzione si rende assolutamente necessaria e maggiormente indispensabile.

La pulizia delle superfici di lavoro comprende quindi il lavandino, la stufa, il forno e anche il pavimento ma non esclude vetri e tutto l’ambiente circostante. La sanificazione ambientale in fondo, è un’attività quotidiana e non dovrebbe essere una novità per nessuno. Il fatto che i “microbi” risiedono in ogni dove è ormai risaputo. Le operazioni di pulizia degli ambienti dove prepariamo i nostri prodotti alimentari possono essere espletate mediante un ottimo detergente, non corrosivo, unitamente ad un disinfettante commerciale che si riveli efficace; l’importante è che questi prodotti siano di facile risciacquo e non lascino residui schiumogeni o nocivi, che possano a loro volta essere trasferiti all’alimento.

L’asciugatura dei ripiani può avvenire mediante carta assorbente usa e getta, dopo aver ben risciacquato con acqua calda a 60°C e per quanto riguarda gli utensili, se sono stati lavati in lavastoviglie, saranno praticamente asciutti oppure, se  necessario un utilizzo immediato, accendere il forno a 60°C ed inserirvi gli utensili (barattoli, spatole, fruste ecc) fintanto che non risulteranno completamente asciutti. Tutto questo, se si teme che un un prodotto sia stato contaminato da spore fungine o quando non si è certi.

Per una disinfezione più approfondita, in caso di contaminazione più resistente, può essere usato cloro e bicarbonato di sodio e aceto (ottimi battericidi). Non sempre tuttavia questi detergenti, riescono a debellare le eventuali endospore (batteri molto resistenti e difficilmente contrastabili che però è molto difficile che si formino quando si eseguono le buone pratiche di pulizia quotidiana. Il frigo è un altro concorrente per cui, suggerisco di seguire le istruzioni del fornitore per procedere con una pulizia frequente.

Ad ogni modo, quando il prodotto è contaminato da qualsiasi spora, anche fosse una apparente ed innocua muffa, torno a suggerire di gettarlo immediatamente e con esso, anche l’involucro esterno che lo accoglie, allontanando immediatamente il sacchetto della pattumiera dal luogo operativo.

Un’ultimo suggerimento, riservare alle eventuali spugne e panni di asciugatura ecc., un trattamento che preveda un’immersione in acqua bollente (100°C), lasciando bollire il tutto per 2 minuti circa in modo da distruggere, in massima parte, i microrganismi sensibili.

Chi dispone di un apparecchio sterilizzatore può farne uso, l’importante che la sterilizzazione avvenga con tempi e temperature descritte.

Ulteriori approfondimenti sulle micotossine (vai al link)

Concludendo, se nella vostra pasta madre notate delle macchie strane o piccoli pelucchi in superficie, sia che essa sia stata avviata da poco, sia che abbia un’età “avanzata”, gettate tutto nell’umido e sanificate l’ambiente!

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