Gli ingredienti del pane e il ruolo della pasta madre acida

Al giorno d’oggi, i consumatori si orientano sempre più verso una gamma di alimenti possibilmente naturali, genuini e “home made” e si avvicinano sempre più numerosi al lievito naturale (come viene spesso denominata la pasta acida o madre acida anche se, il lievito di birra è altrettanto naturale e ci tengo a sottolinearlo.Pasta madre di segale
Pur se l’impiego della pasta madre acida resta una “cultura” antica e secolare, l’affinamento delle tecniche e delle conoscenze scientifiche hanno previsto via via nuovi metodi evolutivi di gestione. Grazie alla notevole letteratura scientifica, si è capito molto in merito a come la pasta madre acida reagisce, alla sua popolazione microbica e alla risposta negli impasti. Oggi sappiamo con certezza assoluta che la madre acida è dominata da LAB (batteri dell’acido lattico) e lieviti e che entrambi le specie svolgono un ruolo chiave nella fermentazione dell’impasto del pane. 
Personalmente mi sono chiesta tanti perché e facendo delle ricerche specifiche, sono approdata ad una serie di documenti che mi stanno aprendo la mente. Cercherò di riassumere ciò che ho appreso dalla letteratura scientifica che comunque lascio a disposizione per chi avrà tempo e voglia di leggere meglio e approfondire quello che io non sono riuscita a riportare.

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/j.1541-4337.2011.00148.x

Il pane a lievitazione naturale a pasta acida viene preparato con una miscela di farina e acqua che viene lasciata fermentare popolandosi principalmente di batteri lattici (LAB), alcuni dei quali eterofermentanti, responsabili della fermentazione etero-lattica (che in assenza di ossigeno secerne acido lattico, anidride carbonica ed etanolo o acido acetico in rapporto 1:1:1).

Quanto sono importanti gli ingredienti che utilizziamo nella produzione del pane?

I 4 principali ingredienti per produrre un pane sono farina, acqua, lievito e sale. Tuttavia, ogni ingrediente aggiuntivo utilizzato trova un suo perché e tutti, assumono un ruolo ed una importanza primaria.

La farina – Consta di proteine, amidi e altri carboidrati (zuccheri), ceneri, fibre, lipidi (grassi), acqua, piccole quantità di vitamine, minerali ed enzimi.
La più impiegata a livello mondiale è quella di frumento anche se, il mercato odierno, si sta orientando ad altri sfarinati come orzo, sorgo, grano saraceno, quinoa, farina di ceci, di mais, di fagioli, di castagne ecc. Miscelati al grano, questi cereali possono contribuire a determinare i cosiddetti “flavors”, ossia maggiori aromi e sapori in un prodotto da forno finito.
Due sono le proteine basilari contenute nella farina di frumento che, mediante la loro miscelazione con acqua, contribuiscono alla formazione del glutine, una rete coesiva ed elastica che conferisce al grano le sue funzionalità. A seconda dei legami biochimici tra le molecole, avviene l’aggregazione (i legami) tra queste due proteine il che, darà origine alla struttura (implicita) fisica dell’impasto. La quantità e la qualità delle “proteine” determinano in gran parte i requisiti di miscelazione dell’impasto e la conseguente sensibilità alla sua resistenza nel tempo, determinano anche le proprietà cosiddette reologiche che consentono una corretta ritenzione del gas emesso durante la fermentazione. Tanto più l’impasto presenta buone qualità di ritenzione di gas (quindi appropriate proprietà reologiche) tanto più il volume del pane e la texture interna risultante (mollica), saranno migliori.

Pane nero ai cereali misti

Da qui, si deduce che una farina povera di glutine non sarà troppo in grado di trattenere gas e pertanto non ci si dovranno aspettare grosse “bolle” poi nella mollica, come comunemente ed erroneamente accade. Pensare di realizzare un pane integrale con una mollica “aperta” e piena di bolle, se lo sfarinato è povero di glutine, sarebbe un errore di valutazione e per di più, la metodica di lavorazione prevista dovrebbe diversificarsi in base al substrato impiegato. Ogni metodica di processo varierà la risultante. E’ pur vero che esistono farine integrali che riescono a permettere pani voluminosi e molliche ariose e questo, molto probabilmente avviene grazie a miscele con farine di forza o perché il grano stesso presenta maggiori proprietà reologiche. Tuttavia, gli sfarinati sono tanti e diversi e suggerisco di predisporsi mentalmente anche a sbagliare perché quando si ha a che fare con uno sfarinato, specie per la prima volta, è necessario provare e riprovare per imparare a conoscerlo e purtroppo, non si conosceranno mai abbastanza tutti, proprio per l’importante numero e varietà di grani coltivati.

L’acqua – Necessaria per la formazione dell’impasto, è responsabile della sua fluidità o durezza. Viene utilizzata per la dissoluzione di sale e zuccheri e aiuta la dispersione e distribuzione delle cellule di lievito all’interno dell’impasto. L’acqua concorre al processo di idrolisi dell’amido ma anche del saccarosio (disaccaride che concorre alla formazione di glucosio e fruttosio). L’idrolisi dell’amido (disgregazione delle proteine in acqua) è un processo “invisibile”, intrinseco all’impasto, molto spesso associato ad una metodica di lavoro denominata autolisi (per maggiori approfondimenti click QUI). L’acqua è inoltre importante per la successiva gelatinizzazione dell’amido quando, durante la cottura evaporerà (per maggiori approfondimenti sulle reazioni chimico-fisiche in cottura click QUI, mentre per maggiori approfondimenti sul ruolo dell’acqua negli impasti click QUI).

Gli zuccheri – Sono normalmente utilizzati dai lieviti durante le prime fasi della fermentazione. Successivamente, altri zuccheri vengono rilasciati per consentire la produzione di gas data dall’azione degli enzimi alfa e beta amilasi nella farina. Gli zuccheri agiscono anche come barriera in modo che venga ritardata la presa dell’amido “nativo” inibendone la ri-cristallizzazione.

Il sale – O cloruro di sodio, è considerato un ingrediente dal ruolo “funzionale” nella produzione di molti prodotti da forno. Rafforza il glutine, controlla l’azione del lievito fungendo da ritardante per la fermentazione e controlla il volume del pane. Una piccola quantità di sale nell’impasto  (stabilita in base ai livelli minimi raccomandati dai protocolli di intesa per la riduzione del sale negli alimenti da vari organismi preposti), migliora la sapidità e favorisce la risposta amilasica nell’impasto, contribuendo a mantenere vivo l’apporto di maltosio quale cibo per il lievito (Giannou e altri 2003 , Chavan e Jana 2008). Per maggiori approfondimenti sul sale click QUI.

I grassi – O lipidi possono essere utilizzati nella produzione del pane sia sotto forma di grassi tal quali (burro e strutto) o oli. Nel pane sono un ingrediente facoltativo tuttavia possono migliorare la gestione dell’impasto e l’aspetto della crosta (che risulterà più friabile e della mollica (che risulterà più soffice), contribuendo a migliorare il sapore del prodotto e la sua consistenza.

La qualità della pasta madre influenza il prodotto finale?

Domanda che mi sono posta a suo tempo e che ha trovato poi una risposta!

Il livello dei cambiamenti reologici che avvengono negli impasti e le loro influenze sulla qualità del pane può essere pressoché controllato regolando il tempo di fermentazione e anche il contenuto di ceneri della farina durante il processo di pre-fermentazione (Clarke e altri 2004). Molte proprietà intrinseche della madre dipendono dalle attività metaboliche dei LAB residenti: la fermentazione lattica, la proteolisi e la sintesi di composti volatili, così come l’inibizione della futura muffa, sono tra le attività più importanti svolte durante la fermentazione (Hammes e Gänzle 1998 ; Gobbetti e altri 1999). I fattori endogeni nei prodotti a base di cereali (carboidrati, fonti di azoto, minerali, lipidi e acidi grassi liberi e attività enzimatica) e  i parametri di processo (temperatura, resa in pasta –  che in inglese è detta Dough Yeld, abbreviato, DY – ossigeno, tempo di fermentazione, nonché i parametri di prolificazione/riproduzione del lievito naturale a pasta acida, influenzano in modo determinane il microbioma della madre che, a sua volta, si riversa nelle caratteristiche e resa finale dei prodotti da forno lievitati (Hammes e Gänzle 1998).

Una madre solida o liquida, in termini di consistenza, data da farina e acqua, si determina con questa formula di calcolo: qF* + qA* X 100 : qF

* qF = quantità di Farina
* qA = quantità di Acqua

La consistenza di una pasta madre influenzerà significativamente il profilo aromatico della madre. Più basso è il valore di consistenza (DY), quindi più solida sarà la madre e più acido acetico viene prodotto, con la conseguenza di una madre meno lattica; viceversa, più alto è il valore di DY, più liquida sarà la sua consistenza e più veloce sarà la sua acidificazione, determinando quindi una migliore distribuzione degli acidi organici prodotti nella coltura. In parole povere, una madre solida acidificherà più facilmente di una madre liquida.

Temperatura – La temperatura è un altro fattore che riveste un ruolo fondamentale poiché influenza notevolmente la consistenza (DY) e la composizione microbica, intervenendo sul  tasso di acidificazione. Un rigenero (rinfresco) effettuato con nuova farina che prevede una piccola parte di madre precedente sarà influenzato notevolmente dalla temperatura. Eliminando parte della madre precedente si elimina anche parte della popolazione microbica precedente e questo processo non si conclude con una fermentazione a breve termine.

Da qui ho dedotto che è importante che la pasta madre compia il suo ciclo fermentativo completo e consegua pertanto una buona maturazione, prima di essere impiegata in un impasto,soprattutto quando le temperature sono inferiori ai 25°C. 

Le temperature ottimali per la crescita dei  lattobacilli  e dei lieviti variano: da 30 a 40°C per il LAB e da 25 a 27°C per i lieviti ma più in generale, una temperatura più elevata, un maggiore contenuto di acqua e l’utilizzo di farina integrale contribuiscono ad aumentare l’acidità della madre per cui è sempre meglio bilanciare. – Io mi sono trovata bene cercando di bilanciare la sua acidità tenendola a temperature comprese tra 25 e 26°C. – Altro parametro importante è che modificando la temperatura di fermentazione, nella madre si possono rilevare due tipi di attività principali che ne influenzeranno poi il gusto: attività eterofermentativa e omofermentativa. La miscelazione o l’inoculo di diversi gruppi di LAB può consentire una buona acidificazione e aromatizzazione (Vedi pasta madre acida con base lattica).

Acidità titolabile e pH – Elementi che si rivelano importanti durante la fermentazione. Nella fase iniziale, sia l’acidità che il pH restano costanti. Durante la fase fermentativa intermedia l’acidità titolabile, che si misura in gradi Soxhlet, o °SH mediante uno strumento chiamato titolatore, aumenta a causa della maggiore presenza di lievito: durante la fase di fermentazione a lungo termine, la presenza del lievito aumenta e l’acidità diventa titolabile e il pH dell’impasto (misurabile anch’esso mediante uno strumento chiamato pHometro) varia, dipendendo principalmente dai LAB inoculati.

Substrato – La farina influenza in modo significativo la pasta madre. Il contenuto di ceneri è importante per determinare l’acidità titolabile rendendola più elevata. Il falling number della farina inoltre è un indicatore importante che determina l’attività enzimatica: più basso è il valore e più aumenta l’attività amilasica con maggiore apporto di zuccheri liberati e resi disponibili per la crescita della microflora.

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